L’ex sindaco Nicola Sodano: “I miei 4 anni di calvario”

Scagionato perchè il fatto non sussiste

MANTOVA

Quattro anni che  Nicola Sodano, ex sindaco di Mantova, non esita a definire “un calvario”. Tuttavia a lieto fine, dopo l’assoluzione di venerdì a Roma. Ma a che prezzo? Lo abbiamo chiesto a lui in un’intervista a “cuore aperto”.

Assoluzione piena, il fatto non sussiste. Quanti giorni sono passati per sentirselo dire? Li ha contati?
«Precisamente 1.478, che è anche il meno. Più pesanti sono state le 1.479 notti».
Ci dica, cosa accadeva in quelle notti?
«C’era il pensiero fisso di come difendersi dalle accuse che erano, per quel che mi compete, assolutamente infondate, e quindi era anche complicato e difficile documentare l’estraneità e la non volontà di commettere reati».
Come mai non ha chiesto di essere sentito e di accelerare il corso della giustizia?
«Veramente questo sarebbe stato il mio desiderio sin dall’avviso di garanzia dal 28 gennaio 2015, o meglio ancora, dal marzo dello stesso anno, quando ho avuto l’opportunità di leggere le ricostruzioni e le ipotesi di accusa che mi venivano formulate. Allora capii che si trattava di un grande fraintendimento su molti aspetti tecnici, che probabilmente gli stessi estensori di quegli scritti trattarono in maniera non tecnica, ma solo perché forse non avevano le conoscenze urbanistiche della vicenda di cui si trattava. Ovviamente mi riferisco alla vicenda Lagocastello».
Cosa credevano loro, e come stavano invece i fatti?
«I fatti per la vicenda Lagocastello sono di una semplicità mostruosa: la lottizzazione Lagocastello è una pessima cosa inventata dall’amministrazione di sinistra di Burchiellaro; tra l’altro, con amministratori che allora erano consiglieri, e approvarono questo errore urbanistico, e oggi sono invece amministratori; penso a Palazzi e a Buvoli. Poi la stessa lottizzazione divenne un pasticcio con la Brioni che la fece partire, affidando la progettazione e la realizzazione delle opere di urbanizzazione alla Tea; ma poi la stessa Brioni decise di bloccare il tutto, senza approvare il piano di governo del territorio (Pgt), che sarebbe stato lo strumento decisivo per cassare definitivamente quel piano attuativo. fui io invece a guidare l’amministrazione che nel novembre 2012, col nuovo Pgt, cassava definitivamente quella sciagurata lottizzazione. Pertanto, la sinistra ha creato il disastro Lagocastello, e io, che non c’entravo nulla, ne ho pagato le conseguenze».
Lei e l’imprenditore Antonio Muto.
«Certo, anche Muto, che è un imprenditore da me trovato in Comune solo quando fui eletto sindaco».
Visti anche i guai ingiusti toccati a Muto, si chiede quali imprenditori investiranno adesso a Mantova a cuor leggero?
«Questo è ciò che è avvenuto con la sinistra, perché oltre al guaio della Lagocastello c’è quello di piazzale Mondadori, un’altra invenzione della sinistra, che portò all’eliminazione della comodissima autostazione Apam e del polmone verde che c’era prima, il tutto per promuovere un’azione urbanistica esagerata, che infatti è fallita, e alla quale è stata messa una pezza con un’altra operazione altrettanto opinabile: la creazione di un supermercato in un’area che adesso dovrà sopportare un carico automobilistico pesante. Come se non bastasse, sempre per la stessa analogia di manie di grandezza, si sono inventati adesso l’operazione “Mantova Hub”, altra operazione ciclopica che possiamo solo sperare che vada a buon fine».
Torniamo a lei. Come si ritrova oggi Nicola Sodano, innocente ma per anni bersagliato e addirittura sospettato di gravi collusioni con la malavita organizzata?
«Mi trovo innocente a seguito di un percorso giudiziario troppo lungo, e quindi ingiusto. Oggi proverò a riprendere il mio cammino consapevole di un danno enorme: a livello politico, perché ero il sindaco di Mantova in carica, a livello professionale, a livello economico, con un danno di immagine pazzesco, oltre a un danno esistenziale e psicologico che non auguro a nessun innocente ed estraneo».
Se può dirlo, economicamente, quanto le è costata questa vicenda? E ha modo di farsi risarcire?
«Non mi ci faccia neanche pensare. Risarcimenti in sede civile potranno eventualmente, forse, esserci nei confronti di singoli che si sono divertiti nell’approfittare della mia ingiusta condizione per farsi belli con atteggiamenti o con contenuti diffamatori».
Torno su un punto: perché in oltre quattro anni lei non ha chiarito la cosa con gli inquirenti?
«I meccanismi sono molto rigidi: sono stato un anno con l’avviso di garanzia per le indagini in corso, e io che sono super-inesperto mi sarei aspettato quantomeno una convocazione, che però non c’è stata. Quando poi è iniziata la fase processuale, questa ha seguito il suo iter tenendomi di fatto su una ingiusta graticola. Morale, ho dovuto attendere quattro anni per sentirmi dire che il fatto per il quale venivo processato non esiste. La dizione, appunto, è “assolto perché il fatto non sussiste”, chiesta peraltro dallo stesso Pm».
Si aspetta delle scuse quantomeno dai suoi avversari politici?
«Assolutamente no. Mi aspetto semmai l’eventuale risarcimento da quei politici che mi hanno diffamato, offeso, accusato, ingiuriato e “processato” con troppa leggerezza. Da questo punto di vista, se avrò ragione o torto lo deciderà la magistratura, per eventuali risarcimenti. L’onore deve essere risarcito, come ho giurato sulla tomba di mio papà».
La sua disavventura le è costata la mancata ricandidatura nel 2015…
«Io ho ritirato la mia candidatura, nonostante il mio partito insistesse diversamente, ma così ho scelto, sia per rispetto dei mantovani, vista la gravità delle accuse ingiustamente rivoltemi, sia perché soprattutto una parte mediatica ha svolto per almeno sei mesi una campagna di annientamento della mia persona, nei confronti della quale ho avuto paura sino allo sfinimento, e comunque creando le condizioni di una impossibilità di affrontare una campagna elettorale paritaria. È chiaro che la lotta alla malavita deve essere prioritaria e non debba aspettare i tempi della politica; altrettanto chiaro però è che la politica non debba aspettare i tempi della magistratura».
Vede la sua parabola politica conclusa, o la possiamo ripensare in pista per appuntamenti amministrativi locali e non?
«Senza alcun dubbio, la mia parabola politica è stata devastata in maniera gravissima, facendomi perdere il treno che più di ogni altro mi sarebbe interessato, ovvero la ricandidatura del 2015, nei confronti della quale resto convinto assieme ai miei amici che in qualità di sindaco uscente avrei potuto riconquistare il Comune. Ora, al primo posto c’è il mio lavoro, da tornare ad affrontare con serenità, la mia famiglia, ovvero ricambiare nei confronti di mia moglie e dei miei tre figli il sostegno ricevuto in questi anni. Per quel che riguarda la politica presente e futura, intendo rinnovare l’impegno contribuendo a riconquistare il Comune di Mantova, al fine di porre rimedio all’ingiustizia subita nel 2015. Colgo l’occasione per testimoniare la vicinanza e solidarietà umana ricevuta da tutti gli amici del mio partito che, nonostante la gravità delle accuse, hanno voluto che rivestissi il ruolo di vice coordinatore provinciale, e per questo ringrazio il coraggio, la stima e l’affetto dimostratimi dall’amica Annalisa Baroni. Analogamente, ringrazio pubblicamente gli amici del Lions club Mantova Ducale, che hanno voluto onorarmi della presidenza. Tutti questi amici, a modo loro, hanno creduto più in me che nelle accuse».