MANTOVA “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. È quanto recita l’art. 37 della Costituzione italiana. Siamo nel 2024 e, 78 anni dopo, il testo dei padri e delle madri costituenti è ancora alla ricerca di una sua piena e concreta attuazione. È quanto emerso dalla tavola rotonda “La voce delle donne. Diritti umani e parità di genere”, promosso da Ust Cisl Asse del Po Cremona Mantova. Nel corso dell’incontro sono stati resi noti i risultati di un’indagine tra le iscritte a Cisl Lombardia: poco più di seimila le risposte complete pervenute da lavoratrici e pensionate.
Il 70% delle prime dichiara di percepire un reddito inferiore a quello del marito, partner o compagno, il 40% delle seconde si dichiara soddisfatta.
La maggior richiesta di part time da parte delle donne è involontario per chi non trova un impiego a tempo pieno o indotto dalla mancanza di servizi. L’orario di lavoro ridotto è diretta conseguenza del divario formativo di genere.
Solo per il 6% delle donne la maternità è facilmente conciliabile con il lavoro. Poi c’è il tema degli abusi, non solo sessuali, sui luoghi di lavoro: il 44% delle donne ha subito o assistito a casi di molestie.
“Il maggior onere della cura a carico delle donne è un lavoro senza fine”, sottolinea Angela Alberti del Coordinamento donne Lombardia presentando i risultati dell’indagine. È soprattutto su questo aspetto che si concentra il dibattito.
“Il diritto più importante per la donna è il lavoro”, afferma la senatrice Paola Mancini, “Solo il 30% delle donne che subiscono violenza ha un’indipendenza economica. L’aumento occupazionale che ha registrato la nostra regione nel quarto trimestre per il 78% è donna. Su 233 regioni europee la Lombardia è al primo posto per l’imprenditoria femminile. Per le dipendenti il posto di lavoro deve essere educante all’impiego femminile. La donna che rientra dalla maternità ha una capacità organizzativa che aumenta del 45%. Occorre spostarci dalla logica del tempo a quella per obiettivi. I nidi non devono più essere aziendali ma distrettuali. Servono opportunità più che una parità a tutti i costi”.
I 10 giorni di congedo parentale per gli uomini vanno aumentati o servono per permettere una passeggiata in più? “Occorre un’assunzione di responsabilità dell’esecutivo”, dichiara l’onorevole Elena Bonetti, “un primo passo sull’occupazione femminile c’è però ci sono dati che non siamo riusciti a intaccare a cominciare dai salari troppo bassi. Occorre incentivare la contrattazione di secondo livello e manca un’attuazione del Family Act. Se il lavoro femminile continuerà a costare più di quello maschile, le donne continueranno a fare fatica”. Il problema demografico è strettamente connesso al lavoro femminile.
“Nei paesi dove si produce più ricchezza, si fanno più figli e le disparità diminuiscono”, svela l’onorevole Antonella Forattini, “manca un vero investimento sulle donne. I bonus non sono serviti a favorire la crescita demografica. È necessario un cambio culturale sull’onere della cura altrimenti creeremo solo un esercito di pensionate povere. Servono strategie di lungo respiro perché il deserto demografico potrebbe rivelarsi un problema maggiore della crisi climatica”. Il problema è quindi, prima di tutto, culturale. “L’art. 37 della Costituzione è rimasto sulla carta”, conclude l’onorevole Andrea Dara, “la questione culturale parte dalle famiglie e dalle scuole. L’uomo non può più essere solo lavoratore ma deve essere partecipe alle mansioni domestiche”.
Tiziana Pikler