MANTOVA – Basta farsi un giro per il centro, tra le “vasche” e le vie che fino a qualche anno fa erano il cuore dello shopping cittadino per vedere com’è la situazione. Per avere la prova certificata della morìa di negozi e di punti vendita al dettaglio a Mantova e per un’analisi più dettagliata del fenomeno, invece bisogna dare un’occhiata al dossier Demografia d’impresa nelle città italiane, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, dalle cui pagine e tabelle esce una Lombardia più povera di esercizi commerciali al dettaglio. Tra il 2012 e il 2024 la nostra regione ha perso il 24% di attività con una sede fisica: dai negozi non specializzati agli alimentari, dai tabaccai alle farmacie fino alle rivendite di prodotti per uso domestico, a librerie e giocattoli, alle insegne di tecnologia. Bergamo, la città che sta meglio, è 99esima sulle 122 fotografate dall’indagine con una perdita del 19,7%. Varese è il capoluogo lombardo che sta peggio, quarta a livello nazionale tra le città che ha perso più piccoli negozi negli ultimi dodici anni (-31,7%). Tra le prime venti in Italia si trovano anche Cremona, 14esima con un calo del 29,2%, e Sondrio, 17esima (-28,2%). Mantova in questa graduatoria è al 34° posto con un -26% di piccoli negozi spariti nel periodo 2012-2024. A precedere la nostra città nella parte sinistra della classifica, quella dei capoluoghi in cui il commercio se l’è passata peggio, ci sono, restando in Lombardia, Pavia, 22esima, -27,2%; Como, 25esima, -27,1%; Lecco, 29esima, -26,6%; Lodi, 32esima, -26,3%. Le cose sono andate invece meno peggio se non meglio, a Brescia, 87esima, con un saldo negativo del 21%, Busto Arsizio 66esima (-23%), e Monza, 64esima (-23,1%). In base ai dati raccolti dalle città analizzate, escluse Milano, Napoli e Roma per le dimensioni e la presenza di più di un centro, a soffrire di più sono i centri storici con una perdita del 27,5% di negozi (-1.365), mentre al di fuori sono stati chiuse 1.042 attività (-21,2%). Più contenuta è la flessione di bar e ristoranti (-3,6% 215 unità) in dodici anni, maggiore nei centri storici. “C’è il rischio di una desertificazione commerciale– dichiara il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia, Carlo Massoletti –. Un trend che determina non solo un impoverimento economico e sociale, ma anche un abbassamento della qualità della vita delle nostre città, per la mancanza di socialità, presidio e sicurezza. È necessario invertire la rotta, partendo da un sostegno alla digitalizzazione delle imprese, intesa come strumento di promozione e di miglioramento dei processi”.









































