Previsioni Istat: Mantova tra 20 anni non sarà una città di vecchi

MANTOVA Diventare più giovani in futuro. Nei prossimi 20 anni ringiovaniremo al punto che la nostra provincia sarà tra le prime dieci più giovani d’Italia. Questo futuro prossimo verde (o green), nel senso di età, è quello previsto dalla lettura dei dati relativi contenuti nel duplice aggiornamento delle previsioni demografiche rilasciato da Istat. Secondo questi dati elaborati dal centro studi dell’istituto Tagliacarne e riportati dal Sole 24 Ore, da qui al 2042 la Lombardia vivrà un periodo di espansione demografica a differenza di quanto accadrà a livello nazionale sia pure con una decisa differenziazione fra comuni piccoli e grandi. A livello nazionale la popolazione si ridimensionerà di quasi 14 milioni di unità arrivando a fine 2080 a collocarsi sotto quota 46 milioni con un indice di vecchiaia che salirà dall’attuale 188 (ovvero 188 over 64 contro 100 under 15) fino ad oltre quota 300. Le previsioni vedono la nostra regione in controtendenza con una perdita di 500mila residenti per il 2080 e un indice di vecchiaia pari a 283, quindi inferiore a quello medio nazionale. Questo perché le previsioni su tempi più brevi dicono che fra 20 anni circa in Lombardia si conterà una popolazione di 250mila unità in più rispetto a quella attuale, unica regione insieme all’Emilia Romagna e alle province autonome di Trento e Bolzano per le quali è previsto un aumento della popolazione nei prossimi 20 anni. Questo grazie ad un saldo migratorio sempre decisamente al di sopra della media nazionale e a una natalità in ripresa. Sul fronte dell’invecchiamento, invece, il quadro territoriale è meno chiaro ma vale la pena osservare che a fine 2042, se le previsioni fossero rispettate, la Lombardia avrà nove province che potranno essere annoverate nel 25% delle province italiane più giovani (mentre oggi sono solo cinque) e quattro nelle prime dieci: Lodi al quarto posto della graduatoria, e a seguire Brescia, Milano e Mantova rispettivamente al settimo, ottavo e nono posto. In un panorama nazionale che di fatto sarà quasi integralmente rovesciato rispetto ad oggi con il Sud che sarà molto più anziano del Nord. Ultimo aspetto da evidenziare è lo squilibrio fra piccoli e grandi comuni. Nei primi (quelli che oggi hanno fino a 5mila abitanti) si assisterà ad una perdita del 2% della popolazione (circa 41mila unità) a fronte di una espansione di 283mila unità nei grandi comuni con un allargamento del divario (oggi quasi nullo) dei livelli di invecchiamento.