MANTOVA A fronte di spiccate abilità “tecniche” si era guadagnato l’appellativo di “mago” o “genio delle centraline”. Soprannomi emersi da intercettazioni e conversazioni via chat, così come altresì riportato negli atti d’inchiesta, e che su tale scorta avevano indotto gli inquirenti a ritenerlo lo “schilometratore” del gruppo. Una vicenda giudiziaria quella istruita a carico di Salah Eddine M’Hamdi, 38enne marocchino, al pari anche di un altro soggetto, afferente segnatamente l’ultima tranche processuale relativa all’annosa questione delle auto d’importazione di seconda mano vendute con contachilometri manomessi e già costata al principale imputato, Piervittorio Belfanti, una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere oltre ad ulteriori 2 mesi e 4 giorni patteggiati per il solo capo d’accusa di truffa. Ed è proprio in merito a questa seconda ipotesi di reato che ieri, innanzi al giudice Alessia Perolio, è stato scritto l’epilogo processuale per questi ultimi due residui accusati, su otto totali, che a suo tempo non avevano scelto di avvalersi di riti alternativi o della istanze di stralcio e riunione delle relative posizioni con un altro giudizio principale a questo connesso. Oltre a M’Hamdi infatti si era ritrovato sul banco degli imputati pure Fabio Milani, 46enne venditore d’auto veronese. Nei confronti di quest’ultimo, stante l’estinzione per prescrizione di tutte le accuse a lui addebitate, è stata quindi emessa sentenza di non luogo a procedere. Diverso invece il verdetto per il 38enne magrebino condannato, nonostante anche per lui l’estinzione per prescrizione o remissione di querela di buona parte delle contestazioni, a 15 mesi di reclusione, oltre a 1.000 euro di multa, esattamente la metà di quanto chiesto in requisitoria dal pubblico ministero. Stando alle indagini, il sodalizio avrebbe importato auto di seconda mano dalla Germania tramite società con sede sia all’estero che in Italia create appositamente con lo scopo di evadere l’Iva. Le vetture (Bmw e Audi) sarebbero state poi vendute in Italia con chilometraggi palesemente alterati al fine di aumentare il guadagno dalla loro vendita. Nata come seguito dell’operazione “Remax” del 2016, l’inchiesta era quindi sfociata nella gemella “Formula”, che nel giugno 2017 aveva portato a indagare 17 persone. Uno scenario quello delineato dagli investigatori che portava fuori dai confini nazionali mentre in Italia il meccanismo ruotava principalmente attorno alla Gold Car di via Spalti a Cittadella.