Luci sul camerismo italiano di fine ‘800 con Ludovica Rana e Maddalena Giacopuzzi alla Madonna della Vittoria

MANTOVA  Apprezzate protagoniste del concerto pomeridiano di venerdì alla Madonna della Vittoria, per la rassegna Giovani di MantovaMusica-DiciottoeTrenta, Ludovica Rana, violoncello, e Maddalena Giacopuzzi, pianoforte, hanno offerto un interessante ascolto di alcune significative pagine che rappresentano una preziosa testimonianza dell’interesse e del personale approccio degli autori italiani di fine ‘800 alla musica da camera. L’itinerario musicale proposto dal programma si è sviluppato fra pagine praticamente coeve di Ferruccio Busoni (1866-1924), Francesco Cilea (1866-1950) e Giuseppe Martucci (1856-1909): compositori che hanno rivolto il loro interesse anche alla forma cameristica in un’epoca in cui a dominare le scene italiane era il melodramma operistico. Un avvincente confronto di stili che Ludovica Rana e Maddalena Giacopuzzi hanno rappresentato con competente preparazione e sensibilità espressiva mettendo in luce le loro doti tecniche e coerenza interpretativa. Avvio di concerto con la Kleine Suite op. 23 BV 215 in cui Busoni infonde il suo debito d’ispirazione nei confronti della geniale arte di J. S. Bach e associa elementi in chiave romantica a un abile esempio di tecnica pianistica e chiara attenzione alla dimensione di dialogo con il raffinato ruolo assegnato al violoncello. Come nel caso di Busoni, anche la produzione cameristica di Francesco Cilea, decisamente molto più famoso come operista di successo, è rimasta quasi dimenticata, ma la Sonata per violoncello e pianoforte in re magg. op. 38 interpretata da Ludovica Rana e Maddalena Giacopuzzi si è rivelata una piacevole conferma dell’attitudine dell’autore a coniugare melodie eleganti, che ne caratterizzano lo stile, con una sicura padronanza della forma. A completare la scaletta del concerto, la Sonata in fa diesis min. op. 52 di Giuseppe Martucci, autore che negli ultimi anni è stato oggetto di nuovo interesse proprio per il suo riconosciuto ruolo nell’evoluzione della musica strumentale italiana di fine Ottocento. Scritta nel 1880, la Sonata op. 52 manifesta l’adesione del tutto personale di Martucci ai modelli classici di area germanica sia nella forma che negli sviluppi armonici: pagina esigente nella scrittura pianistica, ma attenta all’equilibrio rispetto all’espressività del violoncello. Un’opera di pregio che Ludovica Rana e Maddalena Giacopuzzi hanno affrontato con appropriata sensibilità raccogliendo il meritato consenso del pubblico della Madonna della Vittoria. Ancora calorosi applausi, in conclusione, per il fuori programma con la Serenata per cello e piano di Ruggero Leoncavallo (1857-1919). gmp