Mahagonny sbarca a Reggio Emilia

REGGIO EMILIA  Dopo il successo ottenuto a Parma, “Ascesa e caduta della città di Mahagonny” (Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny), opera in tre atti composta da Kurt Weill su libretto di Bertolt Brecht, chiude la Stagione lirica della Fondazione I Teatri venerdì 13 maggio, ore 20.00 (replica domenica 15 maggio, ore 15.30) al Teatro Municipale Valli.

Il nuovo allestimento realizzato proprio dal Teatro Regio di Parma, in coproduzione con Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, vede la regia di Henning Brockhaus, le scene di Margherita Palli, le luci di Pasquale Mari, i costumi di Giancarlo Colis, i video di Mario Spinaci, le coreografie di Valentina Escobar.

 

Christopher Franklin dirige l’opera per la prima volta sul podio dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna “Arturo Toscanini” e del Coro del Teatro Regio di Parma, maestro del coro Martino Faggiani. In scena Christopher Lemmings (nei ruoli di Tobby Higgins e Jack O’Brien), Alisa Kolosova (al debutto nel ruolo di Leokadja Begbick), Chris Merritt (Fatty), Zoltan Nagy (Trinity Moses), Anne-Marie Kremer (al debutto nel ruolo di Jenny Hill), Tobias Hächler (al debutto nel ruolo di Jimmy Mahoney), Horst Lamnek (Bill), Jerzy Butryn (Joe), Roxana HerreraElizabeth Hertzberg, Yuliia Tkachenko, Cecilia Bernini, Kamelia Kader, Mariangela Marini (sei ragazze di Mahagonny), Filippo Lanzi (Un narratore).

 

In un’ambientazione surreale, che allude a un imprecisato far-west, l’opera racconta la trasformazione di Mahagonny da città ideale del divertimento assoluto a degenerazione di una società distopica governata dalle più bieche leggi del capitalismo. Fondata da due uomini e una donna in fuga dalla giustizia, Mahagonny è una città-trappola dove tutto è concesso, in grado di attirare nella sua rete incauti disillusi in cerca di piaceri e denaro, desiderosi di abbandonarsi agli eccessi e dare sfogo ad ogni tipo di trasgressione: ma se esiste questa Mahagonny, è solo perché tutto è cattiveria, cantano i tre fondatori della città. L’unico dio a Mahagonny è il denaro, e l’unico reato è l’esserne privi: e sarà proprio questo limite, di fronte al proliferare di regole volte ad arginare l’anarchia in cui la città si abbandona, a decretare la fine di una società ormai corrotta e irrecuperabile.

Mahagonny è una metropoli del piacere e del divertimento, un paradiso del whisky, del mangiare senza limiti, dei bordelli lussuriosi – scrive il regista Henning Brockhaus. – È un luogo dove i soldi possono tutto, ma alla fine non servono a niente: non si compra la felicità. Il protagonista Jim Mahoney, con impeto da rivoluzionario del capitale, impone la legge del “tu puoi fare tutto”. Tutti cercano il godimento e il divertimento soltanto nei soldi, quindi il loro desiderio è limitato e contorto. Jim diventa alla fine la vittima delle sue intenzioni: indebitandosi per aiutare un compagno chiede un prestito che gli viene negato, così viene condannato a morte perché non ha più soldi. Non avere soldi è rigorosamente vietato a Mahagonny. Alla fine la città precipita in rovina, fra le proteste dei cittadini che condannano le atrocità del capitalismo e si ribellano con violenza. Per questa messa in scena abbiamo creato nel fondo della scenografia il mondo dei poveri e degli sfruttati. Questi esistono come un’ombra, ma la loro presenza è angosciante. L’ispirazione per le scene e i costumi è venuta anche dalla pittura americana di Edward Hopper: l’America ha creato il sogno della felicità con il capitalismo, ma la ricchezza è basata sul crimine. In Mahagonny gli imprenditori sono prima criminali e poi giudici di loro stessi. Fondano la città del godimento che promette di realizzare tutti i sogni: l’utopia del piccolo borghese”.

 

Ascesa e caduta della città di Mahagonny è l’opera che rinnova il fortunato sodalizio tra il compositore Kurt Weill e il drammaturgo Bertolt Brecht, sancito nel 1928 con la Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi). Rappresentata per la prima volta a Lipsia il 9 maggio 1930, l’opera, per la sua modernità nel denunciare i meccanismi propri del capitalismo e della società dei consumi, fu apertamente contestata per la sua presunta immoralità, molte rappresentazioni furono cancellate, e dovette subire la scure della propaganda nazista, che portò alla distruzione delle copie delle partiture conservate presso la casa editrice Universal. “Ascoltando l’esito di questo lavoro a quattro mani – scrive il direttore Christopher Franklin – si percepisce in modo chiaro quanto il compositore abbia dato massima libertà alle sue forze creative per mettere in scena questa bizzarra vicenda. Un aggettivo spesso usato per descrivere questa musica è “decadente”: definizione che potrebbe anche rispecchiare perfettamente il contesto in cui l’opera è nata, la Repubblica di Weimar. Non a caso quando i nazisti presero il controllo della Germania nel 1933, la musica di Weill fu censurata ed egli stesso fu costretto a fuggire dal Paese”.

Elide Bergamaschi