Simon Boccanegra al Regio di Parma il 25 settembre

PARMA Simon Boccanegra, melodramma in un prologo e tre atti su libretto di Francesco Maria Piave dal dramma Simón Boccanegra di Antonio García Gutiérrez va in scena al Teatro Regio di Parma domenica 25 settembre 2022 ore 20.00, recite giovedì 29 settembre 2022 ore 20.00, giovedì 6, venerdì 24 ottobre 2022 ore 20.00, nella prima, rara versione, rappresentata a Venezia nel 1857, in un’edizione che per la prima volta integra documenti autografi ritrovati a Sant’Agata, in un nuovo allestimento, con la regia di Valentina Carrasco (al debutto in quest’opera verdiana e per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), le scene di Martina Segna, i costumi di Mauro Tinti, le luci di Ludovico Gobbi. Riccardo Frizza dirige la Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani. Il cast è composto da Vladimir Stoyanov (Simon Boccanegra), Roberta Mantegna (al debutto nel ruolo di Maria/Amelia), Riccardo Zanellato (Jacopo Fiesco), Piero Pretti (al debutto nel ruolo di Gabriele Adorno) Devid Cecconi (Paolo Albiani, per la prima volta al Teatro Regio di Parma e al Festival Verdi) Adriano Gramigni (Pietro), Chiara Guerra (Un’ancella di Amelia). Quasi un quarto di secolo trascorse tra la prima e la seconda versione di Simon Boccanegra. Opera politica, dai toni cupi e dalla trama complessa, la versione del 1857 al suo debutto alla Fenice di Venezia non ebbe un’accoglienza di pubblico positiva. Verdi riuscì a risollevarne le sorti nelle repliche a Reggio Emilia, Napoli e Roma, intervenendo personalmente su molti aspetti drammaturgici e musicali, ma il successo arrivò soltanto con la sua seconda versione, affidata alla revisione di Arrigo Boito, rappresentata alla Scala il 24 marzo 1881. Della prima versione, spiega Giuseppe Martini, “il problema non furono gli interpreti, ma il colore dell’opera, giudicato lugubre e severo, con melodie non memorabili e un insieme che non fa subito colpo […]. C’era nella versione del 1857 una deliberata ricerca, anche di effetti, e di effetti visivi e musicali in parallelo, come il noto gioco luministico-musicale quando Boccanegra entra nel palazzo Fieschi sul finire del Prologo (la famosa lettera a Piave del «Se fossi un pittore farei certamente una bella scena, semplice e di grande effetto»). Le novità non pagano al primo ascolto e infatti a Venezia, a Roma, a Reggio Emilia nel giro di poche settimane furono le repliche ad avere migliore accoglienza […]. Il primo Simon Boccanegra è l’opera di punta di un’avanguardia che deve ancora arrivare, e per questo ha la bellezza malinconica e fragile delle cose incomprese”. La versione del 1857, oggi raramente portata in scena, può essere finalmente apprezzata nell’edizione critica che integra gli ultimi ritrovamenti autografi di Verdi. “Ho potuto lavorare su un testo musicologicamente dettagliato, con maggiori informazioni rispetto a quelli finora disponibili – racconta Riccardo Frizza. “Ovviamente la prima cosa è stato confrontarle: cercando di individuare non tanto, o solo, le differenze musicali. Mi interessava capire com’era cambiata la mano di Verdi. Le sue intenzioni. Soprattutto nelle parti rimaste o identiche come testo, o abbastanza simili per idee musicali […]. Considero Simon Boccanegra come la sua opera più importante. Non per fare una classifica di valore assoluto ma per sottolineare quanto qui Verdi abbia saputo guardare avanti – per me è l’opera che musicalmente prepara di più Otello – con una mira di ricerca che ebbe il coraggio di deviare, di distaccarsi quasi, dal suo stesso modo di scrivere musica”. Un dramma politico sul potere e sui meccanismi logoranti che questo genera, calato in una dimensione metaforica nell’allestimento con la regia di Valentina Carrasco: “Un’atmosfera portuaria (come quella di Genova o di qualsiasi altro gran porto) ci evoca un contesto sociale difficile nel quale si presentano le condizioni reali per una rivolta popolare contro una élite patrizia […]. Ma nell’esplorare le zone portuarie ci è apparso come una evidenza il fatto che spesso, fino a un passato recente, i mattatoi e i macelli industriali si trovavano nelle vicinanze […]. E all’improvviso ci trovavamo davanti un paesaggio inquietante: quelle mandrie di bestiame inconsapevoli e sottomesse che vanno a morire seguendo il branco, quei macellai in serie che, abituati a dare morte senza il minimo rituale non hanno più stima della vita e uccidono senza più averne l’orrore. Tutto questo ci ha fatto pensare all’atmosfera oppressiva del nostro dramma verdiano, e crea un quadro in cui la sua trama scura può svolgersi in modo naturale”. Un quadro fosco, uno scenario di crudeltà dove spicca la figura di Amelia che conduce a un finale che pur nella sua tragicità sembra sciogliere il clima di odio che imperversa in tutta la vicenda. Eppure, continua la regista “nel bellissimo finale dell’opera si percepisce forse qualche dissonanza, qualche inevitabile pessimismo che lo spirito acuto di Verdi non riesce a tenere a bada. Si tratta di un nuovo inizio, o della ripetizione dello stesso ciclo d’adorazione di un nuovo leader?” La prima di Simon Boccanegra al XXII Festival Verdi in diretta radiofonica: la serata di domenica 25 settembre 2022, ore 20.00 sarà trasmessa su Rai Radio 3, per offrire ai radioascoltatori appassionati l’emozione del debutto dell’opera al Teatro Regio di Parma.