Come ricostruire il Paese

Il tema è importante, decisivo: come ricostruire il Paese che chiamiamo Italia quando avremo sconfitto il virus. O quando l’avremo almeno ferito, stando ai pessimisti scientifici che non credono in Dio ma nel vaccino che non può essere prodotto miracolosamente: non è pane, non è pesce, non è acqua, non può diventar vino. Eppoi: di quale ricostruzione parliamo? Visto come sta reagendo questa Italia alla nuova peste, litigando, scambiandosi accuse feroci sulla gestione del male, opponendo alla tragedia del Nord la prudente e fortunata gestione del Sud spesso solo per speculazione politica, direi “prima l’Uomo poi lo Stato”. Togliendo la maiuscola potrei dire: lo stato di depressione economica, fisica, etica di milioni di cittadini cui il Coronavirus ha tolto la salute, il pane e la libertà. Immagino che qualcuno potrebbe trarne un nuovo partito. A proposito di partiti: mi sbaglierò ma credo che nessuno abbia ricordato che 72 anni fa, il 18 e 19 aprile 1948, alle prime elezioni dopo la seconda guerra mondiale e dopo la nascita della Costituzione che dava il voto anche alle donne, vinse la Democrazia Cristiana contro il blocco di sinistra anche perché pochi giorni prima il presidente degli Stati Uniti Truman aveva approvato il Piano Marshall, 14 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Europa, e tanti ne ebbe l’Italia ferita da migliaia di bombardamenti degli Alleati. Ecco perché in questi giorni si sente tanto parlare di un Piano Marshall per la ricostruzione che alla fine prenderà il nome di qualche protagonista operativo, cosí come nel ’48 si chiamò Piano Fanfani. Non fu travolta da scandali – da polemiche all’italiana sí – quella gigantesca operazione per ridare casa a chi l’aveva perduta, fosse un cittadino o una istituzione: furono ricostruite strade, fabbriche, scuole, chiese, monumenti. Stavolta c’è da risanare ben altro, a parte i piccoli e grandi capitali distrutti: coscienze ferite, rapporti sociali squilibrati, abitudini stravolte e famiglie devastate dai lutti e dalle paure. Anch’io che ho prevalentemente raccontato sport sono convinto che ci sarà un approccio nuovo a una nuova storia fondata soprattutto sulla solidarietà. Per questo, in un’altra domenica senza calcio, quasi incredibile, alla ricerca di eventi e protagonisti perduti, voglio dedicare un personale grazie a tutti quei campioni che grazie alla FIFA stanno rivolgendo in tivù un pensiero pieno di gratitudine agli eroi di questo tempo, medici e operatori sanitari, tanti dei quali hanno perduto la vita per salvare altre vite.
I campioni che hanno parlato per tutti i compagni -, e anche per noi – sono cinquanta e hanno un nome: Holger Badstuber, David Beckham, Bhaichung Bhutia, Lucy Bronze, Gianluigi Buffon, Cafu, Fabio Cannavaro, Iker Casillas, Deyna Castellanos, Giorgio Chiellini, Charlyn Corral, El Hadji Diouf, Youri Djorkaeff, Han Duan, Magdalena Eriksson, Samuel Eto’o, Pernille Harder, Javier Hernández, Luis Hernández, Kaká, Harry Kane, Carli Lloyd, Harry Maguire, Diego Maradona, Marta, Vivianne Miedema, Ajara Nchout, Michael Owen, Mesut Özil, Norma Palafox, Pavel Pardo, Park Ji-Sung, Pelé, Gerard Piqué, Alexia Putellas, Sergio Ramos, Nicole Reigner, Wendie Renard, Roberto Carlos, James Rodríguez, Ronaldo, Bastian Schweinsteiger, Virginia Torrecilla, Yaya Touré, Marco van Basten, Daniëlle van de Donk, Ivan Vicelich, Arturo Vidal, Javier Zanetti e Zinedine Zidane. Una bella raccolta di figurine straordinarie.
italo.cucci@italpress.com