MANTOVA L’obiettivo dei soci facenti capo al fondo di investimento arabo-inglese Investcorp era di raddoppiare il fatturato nel momento in cui firmarono, nel 2015, la società con la famiglia Corneliani per rilevare il 51,4% del capitale azionario. E il tutto avrebbe dovuto partire con un aumento di capitale di 20 milioni (2 subito, il resto entro il 2021) che consentiva a Investcorp di portare a 6 su 9 la propria rappresentanza in Cda. Ma dopo quel primo versamento, di soldi in cassa non ne sono più arrivati, e anzi, i tesoretti di famiglia si sono andati vieppiù assottigliando, trasformando addirittura in passivo bilanci già attivi.
Da qui la decisione assunta dalla famiglia Corneliani di procedere legalmente con un ricorso presso il tribunale di Brescia. Facendo leva sull’articolo 2409 del Codice civile, i Corneliani puntano a far riconoscere “gravi irregolarità gestionali” per ottenere la destituzione del Cda.
L’azione legale non è priva di significato, seguendo la comunicazione dell’azienda del 6 novembre in cui si annunciava il taglio di 130 sui 454 dipendenti, motivandolo con un sensibile calo del fatturato e un altrettanto sensibile aumento dei resi. Ma soprattutto, è credibile che sul ricorso pesi una situazione gestionale che ha portato dal 2015 a oggi la maison mantovana a ribaltare la propria posizione anche con le banche. Nel 2015 Corneliani vantava conti in asse e risorse sufficienti per potere fronteggiare una politica di sviluppo in proprio. Il bilancio 2015 si era chiuso con ricavi per 114,2 milioni e un margine operativo lordo di 1,8 milioni, una liquidità lorda di 35,8 milioni e di quasi 2 milioni netta.
Con l’arrivo di Investcorp, e con la prospettata fusione con la Sarti Holdings, società veicolo del fondo arabo-inglese, le cose sono radicalmente mutate nel giro di pochissimi anni. Corneliani deve rinunciare alle sfilate milanesi; il negozio di New Bond Street viene trasferito; la liquidità in cassa si azzera sino a denunciare nel 2018 una posizione finanziaria passiva di 17,7 milioni.
Nel frattempo, già nel 2017, la nuova proprietà liquida Stefano e Cristiano Corneliani rimasti nei posti dirigenziali, e nel settembre 2019 l’arrivo del nuovo amministratore delegato Paolo Roviera e della sua squadra di manager coincide con una esplosione del costo del lavoro dirigenziale salito da 12,6 milioni del 2015 a 17,3 milioni del 2017; fatto questo rilevato anche dal collegio sindacale dell’azienda.
Il quadro complessivo non lascia insomma altro da fare alla famiglia Corneliani, se non appellarsi ai principi del diritto a fronte di una gestione non conforme ai piani di sviluppo operata dai partner.
Il braccio di ferro è appena iniziato, mentre Mantova, su invito del sindaco Mattia Palazzi volato a Londra nei giorni scorsi, attende l’arrivo di Hazem Ben-Gacem, co-ceo di Investcorp; un arrivo peraltro già caldeggiato dalle stesse forze sindacali che guardano con apprensione a questo ulteriore sviluppo, non nascondendo la volontà di riproporre quel pacchetto di scioperi congelato il 16 novembre.