MANTOVA – “Sinché morte non vi separi”, recita la ben nota formula del rito cattolico che unisce in matrimonio. Ma a quanto pare, numeri alla mano, sono in tendenza crescente i connubi che adottano il rito civile rispetto a quello religioso. I dati riferiti dall’amministrazione comunale relativi al triennio 2019-2021 parlano chiaro. Solo nel 2020, l’anno terribile della pandemia, il crollo è stato verticale; ma la cosa è comprensibilissima, se si considera che di mezzo c’è passato il lockdown e l’impossibilità di potere assembrare i numerosi invitati. Oltretutto, come si ricorderà, era parso penalizzante lo stesso fatto di dovere obbligare gli sposi a pronunciare il “fatidico sì” con la mascherina.
Ma nel 2019 la tabellina recita numeri incontrovertibili: a fronte dei 119 matrimoni civili registrati in Comune, solo 33 erano stati quelli religiosi, e 8 invece le unioni civili (omo ed etero).
Facendo un salto di due anni, nel 2021 – ovviamente non è possibile ancora produrre i numeri dell’anno in corso – sono stati 91 i matrimoni civili a fronte dei 26 religiosi, e ancora 8 le unioni civili. Nell’intermezzo forzato della pandemia, rispettivamente, i numeri sono stati in calo verticale: 66, 21 e 2.
Siamo di fronte a una società mantovana che si sta vieppiù laicizzando? Questa è sicuramente una valida interpretazione che troverebbe riscontro anche in molti ambiti della vita, ma sarebbe comunque una interpretazione semplicistica.
Invero, molti dei riti matrimoniali celebrati civilmente riguardano persone non alla prima esperienza, e che pertanto ricorrono alla cerimonia con rito civile in seguito a divorzi da precedenti matrimoni. Mancano poi i dati statistici nel capoluogo per capire l’età media dei soggetti che convolano a nozze, i quali risulterebbero utili per capire davvero se sia il matrimonio religioso in crisi, o se piuttosto non sia la stessa istituzione matrimoniale ad avere fatto il suo tempo.