Ndrangheta, chiesto il processo per 126 persone. Tra loro l’imprenditore mantovano Mauro Prospero

MANTOVA  Sono 126 le persone per le quali la Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta che nel giugno scorso portò alla mega operazione anti ‘ndrangheta “Glicine-Acheronte”, tramite cui furono svelati i sofisticati interessi criminali della cosca Megna di Crotone, in grado di reclutare hacker tedeschi per muovere cifre a sei zeri attraverso il trading clandestino online, e fatto luce su un presunto comitato d’affari legato alla politica e alle istituzioni regionali il cui strapotere si sarebbe materializzato tra il 2014 e il 2020.
Secondo la Procura distrettuale antimafia infatti si sarebbero associati «al fine di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare tra l’altro delitti di turbata libertà d’incanti, turbata libertà di scelta del contraente, corruzione, abuso di ufficio». La prima udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 6 maggio innanzi al gup distrettuale di Catanzaro. La mega richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata dai pm antimafia Domenico Guarascio e Paolo Sirleo ma anche dal pm della Procura ordinaria di Crotone Alessandro Rho.
Nel lungo elenco dei soggetti indagati, a carico dei quali dunque potrebbe ora prospettarsi l’istruzione di un processo, anche un 63enne imprenditore mantovano ma con attività nel Garda bresciano, tra Sirmione e Desenzano, sottoposto per tale vicenda alla custodia cautelare in regime domiciliare. Si tratta di Mauro Prospero, originario di Peschiera del Garda e residente a Monzambano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e stando alle “carte” dell’inchiesta «a stretto contatto con il clan Megna nonché con quello dei Grande Aracri di Cutro». Lo scorso novembre un’attività all’interno del suo camping nel basso Garda era stata raggiunta da un’interdittiva antimafia e il Comune di Sirmione ne aveva chiesto, tramite ordinanza, la chiusura. I rapporti tra l’imprenditore e alcuni esponenti della criminalità organizzata calabrese, quali ad esempio Mario Megna, erano stati ricostruiti dagli inquirenti ascoltando diversi collaboratori di giustizia nonché acquisendo le dichiarazioni rese da questi anche in altre maxi inchieste di ‘ndrangheta come ad esempio “Aemilia”, secondo cui la figura di Prospero sarebbe quella di imprenditore «che si prestava a fare qualunque tipo di affare illecito, in particolare, nel redditizio sistema delle fatturazioni per operazioni inesistenti.
Legato agli ambienti criminali calabresi ne frequentava gli esponenti apicali, potendo contare sulla “protezione” sia della cosca Grande Aracri che di quella Megna di Papanice». E ancora «imprenditore operante in diversi settori e in rapporti, risalenti agli anni Novanta, con molti esponenti della cosca Grande Aracri di Cutro che si rifornivano di inerti nelle cave della famiglia Prospero».
Nella lista degli accusati, oltre ad affiliati del clan Megna di Papanice – compreso il boss Domenico “Mico” Megna – figurano altresì diversi nomi “eccellenti”, soprattutto in ambito politico tra cui quello dell’ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, di Nicola Adamo ex assessore, di Enzo Sculco, ex consigliere regionale, di Giancarlo Devona, ex capo gabinetto di Mario Oliverio. E ancora due dirigenti della Regione Calabria Mimmo Pallaria e Orsola Reillo, Alfonso Dattolo, sindaco di Rocca di Neto, l’ex consigliere regionale Flora Sculco, l’ex consigliere regionale del Pd Seby Romeo e Raffaele Vrenna, ex presidente del Crotone calcio.