Processo Grimilde: dibattimento chiuso, giudici in camera di consiglio

MANTOVA Ultimo atto del processo di ‘ndrangheta “Grimilde”, instaurato con rito ordinario a Reggio Emilia, circa le presunte attività illecite, nel territorio emiliano e non solo, della cosca cutrese dei Grande Aracri. Chiusa l’istruttoria dibattimentale, con le controrepliche delle difese, si è infatti aperta ieri, attorno a mezzogiorno, la lunga camera di consiglio all’esito della quale – tra due o tre giorni – il collegio giudicante ritiratosi in questura, come occorso nel maxi processo Aemilia, darà lettura del dispositivo nei confronti dei 16 soggetti finiti alla sbarra, tra cui spicca il nome di Francesco Grande Aracri, 68enne fratello dell’ex boss di Cutro Nicolino. Dopo la requisitoria di un mese fa del pubblico ministero della Dda di Bologna, Beatrice Ronchi, che per gli imputati aveva chiesto condanne per complessivi 120 anni di carcere, le richieste risarcitorie delle parti civili, pari a 9 milioni di euro e, da ultimo, le arringhe difensive, nella penultima seduta la parola era quindi passata di nuovo al magistrato inquirente per le proprie repliche. Tra i vari punti riesaminati in tale sede dal Pm felsineo, anche quelli attinenti i tre imputati “mantovani”, vale a dire Giuseppe Passafaro (classe 1968), Pietro Passafaro (classe 1995) e Francesco Paolo Passafaro (classe 1996), rispettivamente padre e figli, residenti tutti a Viadana. Tra le accuse mosse nei loro confronti dalla procura antimafia quelle relative a presunte intestazioni fittizie di attività commerciali site nell’area di Brescello con la contestata aggravante dell’associazione mafiosa. Su questo preciso punto, nelle precedenti sedute, gli avvocati Enrico Zamparelli e Alessandro Di Palma, entrambi del Foro di Napoli, avevano al contrario chiesto l’assoluzione per i tre loro assistiti citando a loro sostegno un passo della sentenza di appello “Grimilde” con rito abbreviato che aveva visto escludere tale aggravante, sempre per il medesimo capo d’accusa riferito ai Passafaro, nei confronti di uno dei principali imputati di detto altro filone processuale, ovvero Salvatore Grande Aracri, figlio di Francesco Grande Aracri. Per il Pm però, contestando la decisione della Corte d’Appello, gli imputati e in particolare Giuseppe Passafaro, «sarebbero stati perfettamente a conoscenza di tutti i traffici illeciti attribuiti a Salvatore Grande Aracri».