Processo Pesci: piccolo sconto alla ‘Ndrangheta in appello. I Pm: “Una sentenza storica”

BRESCIA

Pene ridotte in appello nei confronti degli imputati del processo Pesci sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Mantovano. Complessivamente sono stati comminati 89 anni di reclusione ai 13 imputati dell’appello contro i 119 del processo di primo grado. Ad ottenere una cospicua riduzione di pena in confronto alla sentenza di primo grado sono stati soprattutto  Nicolino Grande Aracri, secondo l’accusa boss della omonima cosca, e il suo referente per il mantovano,  Antonio Rocca , condannati in primo grado rispettivamente a 28 e 26 anni di reclusione si sono visti ridurre la pena a 20 anni e 8 mesi e 17 anni e 8 mesi. Assolto Alfonso Bonaccio che in primo grado era stato condannato a 10 anni, mentre è stata aumentata la pena di  Deanna Bignardi, moglie di Rocca: 5 anni e 4 mesi contro i 4 anni in primo grado. Secondo l’accusa il gruppo «ha costituito, e contribuito a radicare, sviluppare ed efficacemente agevolare, nel territorio delle province di Mantova e di Cremona, un’associazione per delinquere di stampo mafioso, che, rimanendo attiva quantomeno fino al novembre 2015, ha progressivamente operato grazie alla capacità intimidatoria propria del sodalizio al fine di imporre il perseguimento dei suoi fini, consistenti da un lato nell’assumere e mantenere il controllo di interi settori dell’imprenditoria locale, con specifico riferimento al comparto dell’edilizia e dall’altro ad esercitare una sempre più pervasiva penetrazione nelle istituzioni locali mirando ad assumerne il controllo» è scritto negli atti processuali.  “È una sentenza storica perché sono stati condannati esponenti di spicco della Ndrangheta in Lombardia”. Lo ha detto il procuratore reggente di Brescia Carlo Nocerino presente in aula alla lettura della sentenza della corte d’appello di Brescia che ha condannato nove imputati a 89 anni complessivi di carcere per le infiltrazioni ndranghetista del tessuto economico mantovano.”