Sensazionale ritrovamento: l’unica firma di Dante Alighieri

MANTOVA Da settecento anni se ne parlava: un uomo che aveva avuto iscrizioni pubbliche, che aveva fatto parlare di sé per mille azioni politiche, istituzionali e culturali come Dante Alighieri, non aveva lasciato dietro di sé nessuna traccia manoscritta, nemmeno una firma – al punto che un filologo russo, citato da Edoardo Sanguineti, aveva persino supposto che Dante sapesse leggere ma non sapesse scrivere (prendiamolo come un paradosso).
Ebbene, a 700 anni dalla morte, proprio a Mantova, grazie all’acribia umanistica del professor Rodolfo Signorini, abbiamo la sorpresa che cambia la storia: una firma su una pergamena datata 1295 documenta la scrittura di Dante: “Ego Dantes Allaghery laudabam et me subscripsi”. Come dire: io Dante Alighieri approvo e ho sottoscritto.
Si tratta di una pergamena datata al 1295 rinvenuta in un archivio familiare privato di ambiente mantovano, del quale recentemente lo stesso Signorini ha rendicontato nel corso di una pubblica conferenza tenuta in Accademia Virgiliana. Una pergamena sensazionale anche per il contenuto e per la portata dei sottoscrittori. Si tratta di un documento stilato da Brunetto Latini (il “padre” letterario di Dante) circa un problema filologico: la possibilità di autorizzare nel volgare italico la congiunzione “ma”.
Una disputa nata in seno a un consesso intellettuale fiorentino di fine ’200 aveva finalmente autorizzato, dietro gli indirizzi di alcuni grammatici bolognesi, la possibilità di utilizzare questa particella grammaticale, e ne faceva testo questo documento sottoscritto, nientemeno, oltre che dal notaio Brunetto Latini, da Dante Alighieri, da Guido Cavalcanti e da Dino Compagni. Praticamente, la crema letteraria del “Dolce stil novo”.
Il documento, vergato su pergamena, sarebbe sensazionale non solo per la materia trattata, ma per il fatto che contiene l’unica firma a noi nota di Dante, o quantomeno attribuibile a Dante. E si tratta di una firma in possesso del mantovano cercata per secoli e finalmente – con beneficio di inventario – trovata.
Signorini, che l’ha studiata e relazionata per primo, non si sbilancia. Si limita a dire: «Quella pergamena deve assolutamente diventare patrimonio della comunità ed essere acquisita dalla bilioteca locale o dall’Archivio di Stato».