Sgarbi lancia la formula per dare centralità al rinascimento virgiliano

MANTOVA Qual è la parola che più di ogni altra può investire il paese di una missione culturale e politica? Per Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla cultura nel governo Meloni, dubbio non c’è: è la parola «più bella che ci sia: rinascimento». E sotto quest’egida il deputato propone anche a Mantova la lista che lo vede assieme a “Noi moderati” nella corsa per il Pirellone a sostegno della presidenza di Attilio Fontana.
In questa logica, Mantova occupa per lui un ruolo fondamentale, non certo comprimario. E non è solo la nostalgia di avere avuto a Mantova la sua prima fidanzata, dichiara nella presentazione della sua lista all’hotel La Favorita; né la certezza di avere visto Mantova dall’alto in elicottero da Como a Comacchio come una seducente forma “femminile”. Per Mantova, argomenta, parla la sua storia passata, ma anche recente, che la fa degna di essere considerata una vera “capitale” della cultura.
L’incontro-conferenza aperto dalle premesse dell’on. Alessandro Colucci, dal coordinatore mantovano della Carlo Boninsegnalista , dai messaggi dei candidati Elisa Gazzani e Andrea Maria Tripodi, oltre che dal saluto benaugurante del presidente della Provincia Carlo Bottani, ha finalmente trovato nelle argomentazioni di Sgarbi la piena sintesi, pur nelle premesse che la sua lista sia quotata nel borsino dei sondaggi all’1,5%. Ma basterebbero 30mila preferenze, dice, per meritare il consigliere al Pirellone. E la sua presenza in lista al voto di domenica sia a Milano che a Brescia e a Bergamo potrebbe sortire il risultato sperato.
Su Mantova l’investimento è non solo politico, ma anche affettivo e meritorio. Numerose sono le iniziative che lo hanno visto attivo in passato in quest’area di rinascimento “ariostesco” molto vicina alla sua Ferrara. Esperienze vissute assieme all’ex sindaco Gianfranco Burchiellaro, che cita ripetutamente, o a Nicola Sodano, o a Enrico Voceri, ex presidente del Centro Te. Due sindaci difficilmente inquadrabili nelle coordinate della politica («Né Burchiellaro era di sinistra, né Sodano di destra»), ma grazie ai quali si sono sviluppati disegni compiuti di cultura viva, come ne fu data prova nel “Museo della follia” nato per sua iniziativa, in modo quasi ossimorico, nel Palazzo della Ragione.
Poche città, Sgarbi lo sottolinea a spron battuto, possono qualificarsi come “capitali” della cultura. La burocrazia europea, spiega, sceglie talvolta i destinatari delle qualifiche senza lasciare segni utili e positivi. Idem quella sorta di premio consolatorio ideato dall’ex ministro Dario Franceschini, di cui pure Mantova aveva beneficiato nel 2016 diventando “capitale italiana” della cultura. Nel 2035 si riaprono i giochi per inserire Mantova nella rosa delle candidature. Il suo impegno di sottosegretario, dichiara Sgarbi, e magari di consigliere regionale, sarà creare le condizioni per consacrare Mantova attraverso una concertazione istituzionale che coinvolga Stato, Regione e enti locali. Il tutto in ragione di un nuovo rinascimento.