MANTOVA – È un’opera che la città attende da oltre mezzo secolo e non è comprensibile che al momento di vararne lo schema di convenzione collegato al progetto qualcuno si astenga. È questo il senso del risentimento espresso dal sindaco Mattia Palazzi quando lunedì sera il consiglio comunale ha licenziato lo schema di convenzione fra Comune, Rfi e Provincia per dare corso al sottopasso di Porta Cerese, ma non all’unanimità. Oltre ai 20 voti di maggioranza, cui si è aggiunto quello di Lidia Bertellini del gruppo misto, sono state registrate anche le 6 astensioni del centrodestra di Stefano Rossi(Mantova ideale), di Baschieri (Fi), di Catia Badalucco (Fd’I) e dei tre leghisti Gorgati, Anceschi e Tonelli. Non erano dei “no”, ma nemmeno dei “sì”, appunta il sindaco: «Non sono favorevoli nemmeno al sottopasso di porta Cerese, che tutti i mantovani chiedono da 50 anni, con Rfi che ci mette 55 milioni, e che loro stessi tentarono di fare con Sodano. Capisco cosa significa: che sono solo contrari a me e non riconoscono ciò che serve alla città. Non è un bel segnale per Rfi esibire una convenzione non sottoscritta all’unanimità dal consiglio».
Qualche risentimento avviene anche dalle fila della maggioranza, per esempio dal vice presidente del consiglio Madella sui canali social.
Ma per la minoranza consiliare è un coro all’unisono: «Nessuna pregiudiziale sul progetto e sulla necessità dell’opera, ma come fare a votare una convenzione che non ci è mai stata mostrata prima, basata su trattative dalle quali il consiglio è stato sempre tenuto all’oscuro?», rimarcano sia Baschieri che Rossi che Gorgati.
E non solo. A questo si aggiunge il timore che Rfi possa ripetere a Porta Cerese i disagi prodotti in piazza Don Leoni col sottopasso della Stazione. «A che ditta affiderà i lavori? E perché non dare mandato di eseguire il sottopasso di Gambarara solo al termine dei lavori di Porta Cerese? Viceversa, avremmo tutti gli accessi alla città bloccati. Ecco le ragioni dell’astensione».