Usura all’amica, immobiliarista sul banco degli imputati

MANTOVA Seconda udienza dibattimentale, ieri, del processo instaurato a carico di Claudio Moioli, immobiliarista di città, imputato assieme al padre circa l’ipotesi di usura. Ad intentare la causa nei suoi confronti, una cinquantenne mantovana, con cui anni fa lo stesso Moioli aveva dapprima avuto una breve relazione e poi era rimasto in rapporti di amicizia. Amicizia che, a detta della donna, si era trasformata poi in un rapporto di sopraffazione, per finire in una serie di «raggiri e minacce» poi denunciati. In apertura di istruttoria, di fronte al collegio dei giudici presieduto da Gilberto Casari, era stata sentita proprio la stessa persona offesa, costituitasi parte civile con l’avvocato Giuseppe Pesce del foro di Brescia. Incalzata dalle domande di pubblico ministero e difensori degli accusati la donna aveva così riferito di alcuni episodi risalenti al periodo 2016-2019. Il fulcro del giudizio ruota infatti attorno ad alcune compravendite di immobili. La cinquantenne, comunque benestante, aveva raccontato che in un periodo un po’ difficile della sua vita si era trovata nella necessità di chiedere dei finanziamenti a società di prestito. Finanziamenti, per beni voluttuari, che non sarebbe riuscita però a rimborsare. Moioli, stando sempre alla tesi inquirente, a conoscenza della sua situazione, si sarebbe quindi offerto di darle una mano. Nello specifico proponendo di acquistare tre immobili di proprietà della parte lesa a quanto pare a costi irrisori. Una volta pagati (uno risulterebbe intestato al padre) si sarebbe quindi fatto in parte ridare i soldi per aiutarla a saldare i debiti con la finanziaria. Al termine dell’operazione, la promessa sarebbe stata quella di restituire gli immobili. Ma, a quanto pare, lei non ne sarebbe più rientrata in possesso. Altro episodio riguarderebbbe il pegno di un Rolex – acquistato dalla cinquantenne l’anno prima per 6mila euro – e dato a Moioli in garanzia per un prestito di mille euro. Al momento di riprenderselo però, lui, sostenendo che lei gliel’aveva venduto, per ridarglielo, di euro ne avrebbe voluti 2mila. Prossima udienza il 9 novembre.