Prima Napoleone e poi Acerbi: la depredazione dell’Egitto

MANTOVA Il museo Maca, in collaborazione con gli Amici di Palazzo Te, hanno presentato presso il palazzo di San Sebastiano il secondo incontro della serie “Flash d’Arte”.
Dopo l’8 marzo, giorno in cui era stato aperto il museo gratuitamente a tutte le donne in onore alla loro festa, l’appuntamento del 22 marzo è stato invece dedicato alla figura di Giuseppe Acerbi.
Originario di Castel Goffredo, Acerbi fu console d’Austria in Egitto dal 1825 al 1834 e, in quanto grande appassionato di egittologia, riuscì nell’intento di portare in Italia molti reperti archeologici, grazie anche alla libertà di movimento concessagli dal vicerè d’Egitto.
“L’impulso a questa tendenza di depredare il popolo egizio di antichità di inestimabile valore fu data in realtà dalla prima spedizione di Napoleone nel 1798 – chiarisce Sabrina Ceruti, curatrice dell’evento -, benché si possa parlare di egittologia solo a partire dal 1822, con la scoperta dei primi geroglifici, fatti conoscere al mondo dall’archeologo Champolion, stimatissimo da Acerbi”.
Sarà durante la spedizione franco-toscana nel 1828 che Acerbi conoscerà Champolion e Rosellini – da tutti considerato il padre fondatore della egittologia italiana – e che raccoglierà ciò che ancora oggi si trova al museo civico di Brera, tra cui il papiro policromo oggetto del secondo appuntamento della “Flash d’Arte”.