MANTOVA «La partita di Seregno? Non durerà 90 minuti, ma minimo due ore. Mettiamocelo in testa». Ne è convinto Gianluca Garzon, vicepresidente (ed ex allenatore) del Mantova, che mette la squadra sull’attenti spronandola a reagire dopo il ko con la baby Juve. Con Garzon l’occasione è buona per allargare gli orizzonti e parlare anche del futuro societario.
Ma partiamo dalla gara con la Juve. Cos’è mancato?
«Intanto bisogna riconoscere che abbiamo affrontato una squadra con tanta qualità. Detto ciò, abbiamo pagato un po’ di stanchezza e la giornata “no” di qualche giocatore. Non ho visto, da parte nostra, la stessa carica agonistica delle altre partite».
C’è da preoccuparsi?
«No, voglio archiviarlo come un episodio isolato. Anche perchè nelle gare precedenti ci eravamo espressi su altri livelli».
Certo a Seregno servirà ben altro atteggiamento…
«Altrochè! Il Seregno fa dell’agonismo una delle sue armi migliori. Ci aspetta una trasferta davvero tosta, dovremo essere preparati».
In che senso?
«Nel senso che anche noi dovremo metterci la stessa “cattiveria”. E dovremo essere intelligenti a non cadere nelle provocazioni. Prima, durante e dopo la partita. Per questo dico che la gara non durerà 90 minuti, ma almeno due ore. Se non di più. Servirà un Mantova in trincea. Anch’io, personalmente, non vedo l’ora che sia domenica».
Come ha trovato l’ambiente dopo la sconfitta con la Juve?
«Sereno. Mister Lauro sa perfettamente cosa non ha funzionato. Con lui e Battisti ci sentiamo ogni giorno: hanno entrambi un’esperienza trentennale nel calcio, sanno perfettamente quali corde toccare per provocare una reazione».
L’unica nota positiva di domenica scorsa è stato il ritorno del pubblico…
«Ecco, proprio questo mi è dispiaciuto: che la nostra prestazione peggiore sia capitata proprio in quell’occasione. Avremmo voluto dedicare una vittoria ai ragazzi della curva. Che, come del resto già sapevo, sono stati eccezionali. Hanno capito che la squadra è giovane e ha bisogno di essere sostenuta».
Come si trova nei panni di vicepresidente?
«Per varie ragioni non avrei potuto continuare l’attività sul campo. Così ho compiuto questa scelta, ponderata e sostenuta dagli altri soci che mi hanno chiesto di rimanere in altra veste. Sto cercando di dare il mio contributo. C’è un sacco di lavoro da fare, oltre le mie stesse aspettative. Ma non mi tiro indietro».
Cosa le manca dell’attività di allenatore?
«Lo stare sul campo. Il rapportarmi con i ragazzi. Il preparare le partite, studiando gli avversari e le mosse tattiche per imbrigliarli. Tutto questo sì, mi manca».
E quale aspetto, invece, le piace di più del nuovo ruolo?
«Il rapportarmi con gli altri dirigenti. Il confrontarmi con lo staff e l’allenatore, sia pur in modi diversi rispetto a prima. Nel senso che continuo a dire la mia, ma stando attento a non invadere il campo altrui. Considero fondamentale il rispetto dei ruoli».
Come vive le partite in tribuna?
«Con la stessa tensione di quando ero in panchina. E questo sinceramente non me lo aspettavo. Non riesco a stare fermo, la tensione è altissima».
Stop alle multiproprietà dal 2024: che ne sarà del Mantova?
«Non siamo rimasti sorpresi dalla decisione della Figc. Sono sincero: non abbiamo ancora affrontato l’argomento, anche perchè ci sono tre anni di tempo. Però conosco Setti e so che qualunque decisione prenderà, sarà il frutto di valutazioni e riflessioni ponderate».
Insomma, meglio rimanere sul presente?
«Meglio procedere per step. Avevamo l’obiettivo di tornare tra i professionisti e l’abbiamo centrato. Volevamo fortemente un centro sportivo, e sabato verrà inaugurato. Il settore giovanile sta conducendo un ottimo lavoro, tanto che un paio di ragazzi sono già stati aggregati in prima squadra ed altri emergeranno. Insomma, abbiamo dimostrato negli anni di essere una società seria. Il nostro futuro conosce una sola parola: crescere».