QUISTELLO Sessanta, forse settanta, gli anni si esperienza nella cucina italiana di Romano Tamani, protagonista (assoluto) della serata promossa dall’amministrazione del Comune di Quistello “Sua maestà, la cucina mantovana – tra storia, innovazione e origini inventate”, tenutasi in una affollata sala consiliare del municipio quistellese. Interprete, appunto, il Reale Maestro di cucina Romano Tamani, da oltre 60 anni ai vertici della gastronomia stellata in Italia. A colloquio (o monologo, a scelta) con la sindaca di Quistello Gloriana Dall’Oglio, il giornalista Enrico Grazioli, il professore di storia dell’alimentazione – nonché autore di tomi che scandalo culinario hanno provocato – Alberto Grandi.
Se nel suo ultimo libro Grandi, parlando delle attuali paure legate al cibo, nomina il timore occidentale di ingurgitare insetti, solo perché noi non siamo abituati a farlo. A tale dichiarazione Tamani replica che, con tutti i moscerini che da sempre svolazzano attorno al vino in fermentazione, noi padani siamo già ben abituati a sorseggiare buone dosi di vivande e bevande accompagnate da animaletti di ogni specie. Quindi mettiamo in nota: gli insetti fanno ormai parte della cucina tradizionale.
In merito al rischio odierno di integralismo alimentare, ad esempio l’assoluta proibizione di utilizzare la panna in alcuni piatti, ha fatto seguito la spontanea e serenissima dichiarazione del maestro di cucina, secondo cui il grande e inarrivabile Gualtiero Marchesi fosse avvezzo utilizzare l’aborrito elemento praticamente in ogni dove.
Un pensiero sorge, alla fine, spontaneo: chi avrebbe dovuto rappresentare, in una sorta di diatriba, la cucina tradizionale, ha una visione del settore talmente ampia, dopo sessant’anni di storia, che nulla risulta impossibile o fuori dal comune.
A qualche quesito, quelli brevi, Tamani ha dato risposta: egli si sente esponente della cucina quistellese, – ove secondo l’esimio chef hanno avuto origine i cappelletti – mantovana, lombarda e padana. Una gastronomia (quella locale) oggi tutta da ricostruire e rifondare, perché manca la pasta tirata con il matterello, sulla tavola troneggiano gli stuzzicadenti e mancano i tovaglioli di stoffa (per la tragica mancanza di questi ultimi sarei disponibile alla firma di una petizione).
La carbonara è di origine americana? Probabile. Nessun problema. A essere fondamentali per Tamani sono gli ingredienti, la materia prima, la conoscenza e l’utilizzo degli stessi. Degli attuali cuochi televisivi e della spettacolarizzazione di un “far da mangiare” che non esiste, non vuole nemmeno sentir parlare.
La specialità che gli è rimasta nel cuore? Delle foiade (in italiano davvero non saprei) col piccione. Quella preferita da lui preparata, a sorpresa, non i tortelli – seppur con il pregio di essere adatti ad ogni credo e condizione sociale – bensì la faraona del Vicariato di Quistello, cucinata per il santo padre Wojtyla.
Il desiderio attuale: preprare un gran banchetto presso l’Abbazia del Polirone a San Benedetto.
Una cucina nazionale sopportabile, oltre a quella nostrana? Quella giapponese e quella cinese, forti di una lunga e solida tradizione. Che non risponde a ciò che viene proposto come giapponese o cinese nel nostro Paese.
Nella sua Food Valley, a ciò corrisponde Quistello per Romano Tamani, si potrebbe anche friggere la nebbia: non costa nulla e profuma di tartufo.
Riassunto del tutto: un ringraziamento va alla zia e alla mamma del maestro di cucina Tamani, che hanno insegnato a Romano i segreti non solo della preparazione del cibo, ma gli hanno reso semplice saper promuovere, diffondere, rendere alta, come è, questo tipo di espressione culturale. Facendolo diventare un numero uno del settore in Italia.
Circondato dal lusso dell’Ambasciata, dagli ospiti illustri giunti grazie a lui a Quistello – da Nuvoletti ad Andreotti – ma interprete di una espressione gastronomica che, non vorrei scriverlo ma non riesco a trattenermi, genera un poco di nostalgia. Anche perché legata a un approccio al buon vivere, alla socialità, a una autenticità così forte che poteva diventare anche una smaccata bubbola, senza perdere minimamente rilevanza.
Finale (malinconico, ma ineccepibile): altri tempi, altri personaggi, altra personalità .
Ilaria Perfetti