Agguato sessuale ad una ragazza, processo bis per l’ex pizzaiolo

MANTOVA – A distanza di quasi nove anni è dovuta salire di nuovo sul banco dei testimoni per rievocare quei drammatici fatti perpetrati ai suoi danni. A parlare ieri in aula, davanti al collegio dei giudici, una  trentenne cittadina ucraina, parte offesa del processo bis per violenza sessuale e lesioni instaurato a carico di Giuseppe Puce, 45enne ex titolare di una pizzeria al taglio in città e per tale vicenda già condannato dal gup Gilberto Casari, nel luglio del 2016, a cinque anni di reclusione con rito abbreviato per violazione di domicilio, tentata violenza sessuale – in questo caso a seguito di riqualificazione del singolo capo d’accusa – violenza privata, sequestro di persona, rapina e minacce. Nella circostanza, infatti, quello che sta volgendo, in via Poma al suo atto conclusivo è un giudizio del tutto connesso a quello precedente (su cui si pronuncerà la Cassazione il prossimo 8 marzo) e attinente stavolta le due fattispecie di reato residue (oltre alle lesioni anche i palpeggiamenti), al tempo non contestate dal pubblico ministero a carico dell’imputato e quindi inserite in un nuovo fascicolo d’indagine. Nello specifico la vicenda risaliva alla tarda serata del 25 marzo 2013 quando l’uomo, entrato nell’appartamento della ragazza grazie ad una copia delle chiavi, l’aveva dapprima aggredita e quindi abusata, senza riuscire a stuprarla. La donna infatti, rincasando attorno alle 23,30 nell’appartamento di corso Garibaldi in cui da qualche mese risiedeva e in passato occupato proprio dallo stesso Puce, era stata da questi assalita alle spalle, nel frattempo nascostosi nel bagno in attesa dell’arrivo della vittima. Quindi, dopo averle coperto il volto con un asciugamano e strappato i vestiti di dosso l’ave va costretta a subire un atto sessuale, come detto, non sfociato però in un rapporto completo. A quel punto dopo averla costretta a farsi una doccia per cancellare ogni traccia, le aveva pure svuotato il portafoglio non mancando altresì, prima di andarsene, di minacciarla affinchè non denunciasse l’accaduto. Ad incastrare l’uomo alla fine era stata l’arguta intuizione del proprietario dell’immobile il quale, sentendo la vittima riferire del particolare olezzo fisico emanato dal proprio aguzzino, e non sapendo chi fosse visto che non l’aveva mai incontrato prima di allora, aveva subito fatto il nome alla Polizia del suo ex affittuario quale possibile responsabile, e nella cui abitazione poi erano stati quindi rinvenuti gli stessi doppioni delle chiavi di casa della ragazza. Il prossimo 26 maggio è prevista la sentenza.