Si dice che le grandi crisi di civiltà siano anzitutto crisi demografiche. Tuttavia a differenza delle epoche passate, l’attuale diminuzione di nascite non è legata a fattori imprevedibili – come le carestie, le malattie o le guerre – ma a una scelta consapevole. In tutto questo l’Italia detiene un triste primato negativo (1,2 figli per donna). Risulta anche dal confronto con Paesi vicini, quali la Germania in leggera crescita (da 1,33 nel 2016 a 1,54 nel 2019), è la Francia, il Paese europeo che registra il numero di nascite più alto (1,86). Vediamo cosa fa la Francia per avere questo risultato. Il Paese ha iniziato da più di 40 anni una politica pro – natalità, basata su tre pilastri: la possibilità del “part – time” nei primi anni di vita dei figli, assegni familiari e diversi altri sussidi “in relazione alle condizioni economiche e alla composizione del nucleo familiare”, cui va ulteriormente “il celebre quoziente familiare, per cui si pagano le tasse in base al numero dei componenti della famiglia”. Ultimo fattore, ma non certo per importanza, è l’agevolazione fiscale. Un dato di confronto sul Pil dei Paesi più avanzati la dice lunga. “La percentuale italiana di spesa in famiglie e minori rispetto al Pil si è attestata, secondo gli ultimi dati, sempre attorno all’1%.
Nel 2019 il dato francese si attesta sul 2,3%, quello tedesco 1,7%, è leggermente inferiore alla media UE che è dell’1,8%”. La spesa pro capite mostra un divario ancora più impressionante: “In Germania, nel 2019, era di 1.347 euro, in Francia 781 e in Italia 331”. I dati vengono dalla ricerca di Michele Aramini “Figli No Grazie? Oltre l’inverno demografico” – Milano, Ancòra, 2023 –. Quindi, Il problema denatalità il governo lo deve affrontare dal lato della famiglia, su cui in primo luogo va concentrato lo sforzo contributivo. Perché la famiglia è l’unica garanzia di sopravvivenza dello Stato e pure il cuore della sua laicità. Già, perché dalla famiglia tradizionale lo Stato laico trae ciò che è necessario per sopravvivere e crescere i suoi figli, questi saranno l’unica capacità duratura di sviluppo, e soprattutto i futuri pagatori di tasse. L’attuale governo sembra aver capito che le nascite, in costante diminuzione di anno dopo anno, sono da considerare il problema dei problemi, se il problema rimarrà irrisolto condannerà nel tempo la nazione all’immobilità produttiva con una insignificante crescita economica, e si vedrà conseguentemente un aumento esponenziale del numero degli anziani, già oggi fra il più alto in Europa. Nell’attuale finanziaria il governo sta cercando di mettere a fuoco il problema mobilitando le risorse a disposizione. Risicate come lo sono per ogni ambito sociale, causa l’altissimo debito pubblico che l’Italia si trova a sopportare compressa com’è dall’attuale patto di stabilità, che l’Europa ha concordato, anche, per accelerare una regolare diminuzione annuale del debito pubblico. Purtroppo un passato di spese non sempre oculate e socialmente infruttuose hanno portato la coperta finanziaria ad essere tremendamente corta, con l’impossibilità per allungarla di ricorrere ad un ulteriore inasprimento fiscale, essendo l’attuale tassazione fra le più altre nell’ambito dei 27 paesi dell’Unione europea. Vanno rimosse, anche, altre componenti che generano la difficoltà di mettere al mondo figli. Sono pure alla base della scelta di non generare: la precaria condizione economica e occupazionale, la difficoltà di entrare nella fase adulta della vita, l’eccessiva preoccupazione per il benessere personale, e non ultima l’antropologia che valuta negativamente la genitorialità, perché considerata di impedimento alla realizzazione personale.
Gastone Savio