Delitto Turina, l’accusa: “Vittima sgozzata dopo un primo tentativo di ucciderla”

MANTOVA Con il rigetto in via preliminare delle istanze difensive circa la richiesta di rito abbreviato e di dichiarazione di nullità del decreto di giudizio immediato presentato a suo tempo dal pubblico ministero, si è aperto ieri, davanti alla Corte d’Assise di via Poma, il processo per tentato omicidio e omicidio volontario aggravato dal vincolo di affinità parentale, instaurato nei confronti di Enrico Zenatti. Due quindi, i capi d’accusa posti a carico del 54enne veronese, unico presunto responsabile dell’assassinio della suocera, la 73enne Anna Turina, uccisa il pomeriggio del 9 dicembre 2021 all’interno della propria abitazione a Malavicina di Roverbella, e contenuti nel capo d’imputazione depositato lo scorso giugno dal sostituto procuratore Fabrizio Celenza, fino a quel momento titolare del fascicolo, prima del suo trasferimento a Venezia, e quindi sostituito in merito alla prosecuzione di tale procedimento dal collega Giulio Tamburini.
Stando dunque al novero di tale duplice contestazione, Zenatti sarebbe stato autore di un’unica azione criminosa suddivisa in due fasi del tutto consequenziali tra loro; la prima in ordine temporale assorbita nella seconda – più grave – e tra loro collegate dal cosiddetto nesso teleologico: in sostanza, forse al culmine di un possibile diverbio scaturito tra i due e occorso sempre quel medesimo giorno, avrebbe assalito la suocera col fine di ammazzarla salvo poi decidere in un secondo momento, approfittando altresì del fatto di essere rimasto solo con lei, di tagliarle la gola per impedirle oltremodo di poter raccontare della precedente aggressione. Dapprima, secondo l’ipotesi inquirente, colpendola ripetutamente al capo con un’arma bianca, con conseguente ampio scollamento del cuoio capelluto dalla teca cranica sottostante ed emorragia, ma senza riuscire nel proprio intento per cause estranee alla sua volontà e rappresentate dalla temporanea perdita di coscienza della donna, fatto questo che avrebbe portato il 54enne a ritenere consumato il delitto e quindi inducendolo ad allontanarsi dalla scena del crimine. Salvo poi, sempre secondo le accuse, ritornarvi dopo circa un’ora in quanto avvisato dalla moglie – costituitasi a processo unitamente al fratello come parte civile – che la suocera, nel frattempo ripresasi, sarebbe rimasta ferita cadendo accidentalmente dalle scale a causa di un paventato improvviso malore. Giunto quindi prima dell’arrivo del 118 nella villetta di via Largo Puccini, e dopo aver invitato i figli della pensionata ad allontanarsi in quanto turbati alla vista della madre ferita e sanguinante nonché fingendo di soccorrerla, infliggendole una profonda ferita sempre da arma da taglio sul collo con recisione della carotide e della vena giugulare. Il tutto con le ulteriori aggravanti di aver commesso il fatto approfittando di circostanze di luogo, (l’ambiente domestico) e di persona (l’età avanzata della persona offesa e lo stato di prostrazione in cui versava a causa della precedente aggressione), tali da ostacolare la privata difesa della vittima.
Una ricostruzione del fatto di sangue questa, ricusata da Zenatti, difeso dagli avvocati Silvia Salvato e Andrea Pongiluppi, sin dal suo primo confronto in carcere col gip. Secondo quanto da lui asserito in tale circostanza infatti in quel lasso temporale intercorso tra l’allarme dato e l’intervento dei soccorsi, non sarebbe mai rimasto solo con la suocera ma anzi, sarebbe stato lui, ad accorgersi per primo della profonda ferita alla gola riportata dalla donna ancora agonizzante. Prossima udienza il 17 ottobre.