Ecco il lavoro più bello del mondo

MANTOVA

Mantova Nicolò, ingegnere, un mese dopo la magistrale, già lavora in Ferrari. Michela, sua madre e mia collega, è al settimo cielo. “Da chi avrà preso?” Lui fa il lavoro dei suoi sogni. L’altra sera in una meravigliosa corte agricola dove si mangia mantovano all’altezza della tradizione mantovana, a Sarginesco, il mio amico Carlo Ballarino, che non vedevo da tempo, mi dice con grande trasporto: “che bel lavoro il giornalista!” Beh, caro Carlo, anche il medico non è male. Poco prima il notaio Omero Araldi presentandomi ad alcuni soci dell’Accademia della Cucina alla parola “giornalista” alcuni allargavano gli occhi. Non so se per meraviglia o preoccupazione.
Saluto con grande affetto altri amici che incontro lì alla Mainolda in una campagna che celebra e simboleggia la nostra storia e la nostra geografia: lo storico delle nostre tradizioni Giancarlo Malacarne e il super fotografo della mantovanità Arrigo Giovannini.
Vabbè, la vita è bella perché è varia. E riserva sempre sorprese. Tutti i lavori sono importanti, alcuni anzi molti sono indispensabili. Il contadino, il pilota, il medico, il meccanico la cuoca, il muratore, l’ingegnere e il giornalista -per fare solo qualche esempio- sono indispensabili. L’influencer un po’ meno. Utile per carità ma forse non indispensabile.
Al netto della sostituzione o integrazione robotica di molte professioni, ci sono alcuni mestieri che dipendono in pieno dal cervello umano. Più o meno cervello brillante ma sempre cervello.
Il chirurgo che opera a distanza e usa il robot domina i gesti e le scelte col suo cervello. L’algoritmo che mette in fila sulla rete le nostre passioni sulla base delle nostre parole della stringa del motore di ricerca ha pur sempre bisogno di un pensiero umano a monte e di un controllo in procedura.
Da anni si prova a fare dei giornali senza giornalisti, almeno a livello sperimentale con la combinazione di stringhe semio-semantiche in rete e sfruttamento di lunghe code. Ma il bel pezzo in punta di penna su un autunno ritardato lo capisci subito se l’ha fatto un computer o un umano con spirito trasversale, ma anche senza. Ho capito che il giornalista sarebbe stato il mio mestiere quando vedevo Renato Bonaglia, storico corrispondente del giornale dalla Bassa, scrivere le proprie corrispondenze, con cura e scrupolo, co dedizione e passione. Una strada asfaltata era una notizia, anche adesso per la verità.
E raccontare l’andata in pensione del postino o della maestra era ed è a livello locale come raccontare le ultime di Biden o di Putin. Mi capitò poi di trovare un articolo di Edgarda Ferri, nota giornalista e scrittrice, che descriveva le ore concitate di una notte in redazione. Fantastico. Dipendenti dal destino e dalle coincidenze.
Arrivi verso le 8 e mezza e leggi più o meno 20 giornali. Poi c’è la riunione di sommario. 9 e 30 poi 10.  Mezz’ora e c’è la riunione per i settimanali. In mezzo la riunione per l’economia. Telefonate e domande varie. Poi, dipende dai giorni, c’è la riunione per web e Buongiorno Regione ed è già mezzogiorno. E guardi i titoli e i pezzi pronti. Le agenzie ti suonano tre bip al secondo. Hai visto la home del Corriere? Ti cerca il presidente del Tribunale. Speri in bene. Poi il tempo corre e c’è la prima chiusura per la prima edizione. Finita quella, 14 e 20 comincia la messa in onda di Piazza Affari. Importante. Non puoi sbagliare un decimale. Squilla un Cell, una collega di Roma chiede un pezzo sulla nebbia. Ma non c’è la nebbia, abbiamo un pezzo sullo smog. Va bene uguale.  Avete la frase di Sala?  Poi c’è la prima riunione del pomeriggio 15:15 per le edizioni radio e TV della sera poi devi scegliere i pezzi radio e TV per sera e alba domani. E sono già le 16 e 20.  Un’ora per le storie di domani e sono le 17 passate.
Un caffè alle macchinette e scopri che non hai pranzato, ma va bene così. Poi firme su firme telefonate su telefonate e 200 mail che ti dicono e noi?! Poi sono le 18:30 titolo e notizie da fare e/o controllare e discuti su parole e virgole. Scusate, ma dov’è finito il carabiniere ufologo? Ah, operazione della gidieffe. Poi in onda e sono le 20. Poi dici: esco. Omicidio nel comasco. Ok vediamo, e sono le 21. Il collega impietosito ti dice: mangiamo una cosa qui da Cosimo veloce? E sono le 23. Dieci agenzie ed è mezzanotte. L’alba si avvicina.
Il tempo di un sogno ed è già mattina.
Ci sono 20 nuovi giornali che ti aspettano. E centinaia di agenzie. E si ricomincia. Daccapo. È la stampa, bellezza. Meno male che ci piace.
Dice: ma ti passa il tempo?  Quale tempo? Ma va bene così, non è solo un lavoro. È una piacevole insostituibile malattia. Da 40 anni.
E non si guarisce. Semmai si peggiora. Non c’è medicina che tenga.
Stiamo parlando di uno dei due mestieri più belli del mondo.
L’altro è il contadino. Ma anche lo psicologo non è male. Insomma, l’altro lavoro più bello è quello che ognuno di noi si sente addosso ed è più utile agli altri.

Fabrizio Binacchi