MANTOVA Ho avuto la fortuna di stringergli la mano alla prima udienza giubilare sabato 11 gennaio. Lavorando da due anni a Rai Vaticano mi era capitato ovviamente di partecipare a tante cerimonie e di vedere da vicino papa Francesco, anche in giornate ordinarie, ma quella volta insieme con l’amico Italo Scaietta eravamo nel gruppo dei “saluti personali”.
Quando entrò in aula Paolo VI dall’ingresso laterale Francesco venne salutato dalle urla e dall’applauso di cinquemila persone, tra cui migliaia di ragazze e ragazzi delle diocesi delle Marche e dell’Abruzzo. Il viso sorridente, gli occhi lucidi di commozione ma molto vispi. Teneva la mano sinistra in alto pronta per stringere la mano, allungai la mia mano e ricordo quella stretta fragile e forte al tempo stesso, e un sorriso più pronunciato.
Era molto felice, quel giorno. Lanciò il motto giubilare: ricominciare. Volle fare tutto il giro della grande Aula e volle raccogliere l’applauso e l’affetto di quelle migliaia di sguardi slanciati dall’affetto per un Padre, sentito come padre di tutti. I suoi “segni” e i suoi insegnamenti, mi sa, sono già nella nostra storia. Lo ricorderemo per tanti sentimenti, prima di tutto per la misericordia.
Fabrizio Binacchi