Il Berlusconi “mantovano”. L’eredità di Silvio negli azzurri virgiliani

MANTOVA Comunque lo si voglia giudicare, e qualsiasi opinione si abbia di lui, una cosa è certa e inconfutabile: Silvio Berlusconi è stato il grande protagonista della cosiddetta “seconda Repubblica”, e questo rimane in eredità morale e politica al popolo azzurro mantovano. Non tutti lo hanno conosciuto di persona. Più incontri ebbe invece Nicola Sodano che lo incontrò ad Arcore nelle vesti di sindaco del capoluogo.
«Ero entrato nel partito nel 1995 per due motivi: l’arrivo in campo di Berlusconi era stato per me una calamita, come per tanti italiani. In lui vedevo lo stimolo giusto per occuparmi di politica, dato che in quel momento stava occupando uno spazio che nell’arco dei partiti mancava. E poi perché trovavo motivante l’idea di rispondere al suo appello per fare argine alla sinistra; questo lui stesso ha continuato a ricordarlo in ogni occasione».
La carica istituzionale di Sodano gli aveva aperto tre volte le porte della villa di Arcore: «In una di queste circostanze – ricorda l’ex sindaco – gli ho consegnato il libro di Mantova fotografata dall’alto. L’ultima volta invece l’ho sentito per telefono nel luglio 2022 quando mi era stato chiesto da Licia Ronzulli di ricoprire il ruolo di commissario provinciale. In quel momento ero molto ai margini dell’impegno politico, e non era mia intenzione fare il commissario, ma con la chiamata del presidente in persona ho accettato. Lui sapeva che ero riluttante, e allora Berlusconi mi fece questa sorpresa. Ricordo la mia battuta: “A lei, presidente, non posso dire di no».
Ma quale eredità Berlusconi ha lasciato, ci si chiede? Per Sodano non ci sono dubbi: «Manca allora il punto di riferimento di chi rappresentava ideali riformisti, moderati, liberali, europeisti. Lui ha colmato quella lacuna. E anche adesso che siamo un partito del 7/8% teniamo alti quei valori. Quanto all’uomo, credo sia stato una personalità livello mondiale sotto tutti i punti di vista. Una persona davvero unica e inimitabile».
Ne ha invece un ricordo appassionato ma disincantato l’ex magistrato milanese Tiziana Parenti che nella primavera del 1994 fu eletta nel collegio mantovano alla Camera dei deputati. Per Mantova fu una enorme sorpresa avere un nome “nazionale” per tenere a battesimo il partito azzurro: «Per me è stata una grande esperienza quella del ’94. Dopo, nel ’96, mi mandarono in Toscana, a Grosseto, perché lo si diceva un collegio perso. E invece vinsi anche lì. Il mio primo contatto con Berlusconi lo procurò Dotti, che era il suo avvocato. Fui sollecitata e mi dimisi dalla magistratura».
Merito della riconosciuta capacità di persuasione che aveva Berlusconi? «No, anzi, non mi aveva convinto affatto. Considerati i tempi difficili ebbi l’impressione che non si rendesse conto delle difficoltà, anche se poi in parte ebbe ragione lui. Per me non aveva gli strumenti critici e politici per affrontare quella situazione; lui peraltro teneva a fare il botto con l’immagine, e questo mi lasciò perplessa. Poi però le cose si realizzano strada facendo. Io comunque lo avvertii dei conflitti di interesse che si sarebbero creati, ma lui era poco incline ad ascoltare. I fatti però sono questi: si deve molto a lui per avere cambiato un corso storico. Se non ci fosse stato lui avremmo avuto Di Pietro presidente del consiglio, perché questo era il progetto e sarebbe stato uno sviluppo drammatico per il paese senza di lui», conclude Parenti.