Infarto non riconosciuto, condanna al medico confermata in Cassazione

MANTOVA – “Per quanto, nella maggior parte dei casi, le avvisaglie di un infarto siano rappresentate da dolori toracici o dalla precordialgia, un medico non può non sapere che non di rado esso può presentarsi con sintomi “atipici” e, laddove non li riconosca, nonostante i segnali di allarme, va incontro a responsabilità”. Con questa motivazione, contenuta nella sentenza depositata il 4 maggio 2021, la IVª sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna ad un anno di reclusione per omicidio colposo nei confronti di Javier Eduardo Cardenas Suarez, medico del pronto soccorso dell’ospedale di Castiglione delle Stiviere, accusato di non aver riconosciuto i sintomi di un attacco cardiaco in un paziente deceduto poco dopo essere stato da lui visitato e dimesso. Secondo l’impianto accusatorio, l’imputato aveva infatti scambiato quel malessere per un dolore articolare. La vittima, Aldo Barosi 44enne, operaio della Indecast di Castiglione delle Stiviere, era morto la mattina del 6 luglio 2014. La sera precedente l’uomo, dopo aver cenato in un kebab, non si era sentito bene e alle due di notte si era presentato al pronto soccorso del San Pellegrino, lamentando forti dolori alle braccia, al torace e nausea. Sintomi questi, per la procura indicativi di un infarto al miocardio in corso. Il medico l’aveva invece dimesso con la diagnosi di algia degli arti superiori e trattato con un antinfiammatorio. Per il pubblico ministero, invece il paziente avrebbe dovuto, sulla base di quelle “spie”, essere sottoposto a esami diagnostici e del sangue che avrebbero rilevato la sindrome coronarica in atto. La consulenza medico legale disposta nell’ambito del procedimento, a seguito di autopsia e di indagini tossicologiche, aveva indicato, quale causa del decesso, un evento ischemico coronarico acuto, conseguente a trombosi. Considerazioni che avevano portato alla condanna in primo grado dell’imputato e del responsabile civile dell’ospedale aloisiano il 10 ottobre 2018, decisione sostanzialmente confermata anche dalla Corte d’Appello di Brescia nel gennaio 2020 riformando soltanto la parte riguardante le statuizioni civili. In particolare la Corte di merito ha ravvisato la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva del medico, caratterizzata da colpa grave e l’evento.