Starnone: “Le verità sono difficili da raccontare perché non tollerano il racconto”

MANTOVA “Nessuno nasce umano, ci si addestra”. Comincia così il monologo di Domenico Starnone, insegnante, scrittore e sceneggiatore a Palazzo San Sebastiano. Il suo “L’umanità è un tirocinio” è una raccolta dei suoi scritti dal 1985, non in ordine cronologico ma per tematiche, a cominciare appunto dall’umanità. “Essere una creatura indefinita genera un’angoscia nella non definizione, cosa sono io e cosa è l’altro e la risposta è sempre angosciosamente opaca perché di noi sappiamo degli altri meno”, afferma l’autore. Ecco allora la necessità di un tirocinio. “Serve addestrarsi a fare di più con il rischio di fare peggio”, prosegue Starnone. Per esempio ci preoccupiamo dell’intelligenza artificiale e non pensiamo agli arsenali pieni di armi nucleari che possono distruggerci in un attimo. A vernici in aiuto sono quelle che definisce “protesi”. “Ci occorrono per dare delle definizioni”, spiega lo scrittore, “la protesi che l’uomo si è dato è il linguaggio. Si dice che uccide più la penna della spada perché il linguaggio è un’arma, una protesi a indagare e a difendersi dal mondo”. La scrittura ha diversi usi, il migliore è quello letterario. “L’uso letterario del linguaggio è uno strumento che aiuta l’uomo nel suo tirocinio verso l’umanità”, continua Starnone, “chi scrive, da dove prende quell’energia? La letteratura è sempre fondata sulla memoria. L’io di chi scrive è presente dappertutto, si scrive di quel che si vede e si sa. Come ci aiuta nel tirocinio verso l’umanità? Ci muove verso l’altro”. Le verità sono difficili da raccontare perché non tollerano il racconto. La letteratura oscilla tra la tenerezza e la durezza dei racconti. “La letteratura, essendo una protesi complessa, è difficile da utilizzare”, conclude l’autore, “Il lettore attiva la protesi ed è chiuso tra due poli: uno semplificante, il pregiudizio, viene prima del giudizio e si radica velocemente; uno complicato come il giudizio che prevede, studio, analisi e competenza. Più i libri mettono in scena pregiudizi e più vengono letti, i testi con i giudizi incontrano ostacoli. Leggere in maniera accademica genera giudizi, mentre la letteratura di fonda su una ricerca ingenua che è il modo di leggere degli scrittori. C’è il bisogno di trovare nel testo un pezzo di sé per capire meglio il proprio mondo”.
Tiziana Pikler