Terzo mandato, una scommessa ma Palazzi… non ci scommette

MANTOVA È diventato ormai un tormentone: ci sarà o non ci sarà l’opportunità per i sindaci di un terzo mandato? Gli sviluppi della “vexata quaestio” si hanno di giorno in giorno, ora alzando le attese dei primi cittadini delle città capoluogo e ora invece smorzando gli entusiasmi. Da ultimo parrebbe che il principale soggetto di maggioranza notoriamente ostile alla concessione, ossia Forza Italia, stia ammorbidendo le proprie posizioni verso i partner di Lega e Fratelli d’Italia, che invece l’intesa parrebbero già averla raggiunta dividendosi le nomination dei governatori di Lombardia, Veneto e Friuli (la prima ai meloniani, le altre due regioni invece al carroccio salviniano). “E noi?”, aveva sbottato il coordinatore nazionale azzurro Antonio Tajani, chiarendo sulla stampa nazionale: «Non ci venderemo per un piatto di lenticchie». Nel caso, a fronte delle tre Regioni, a Forza Italia sarebbero stati offerti i candidati sindaci “papabili” di Milano e Verona. Insomma, il biblico piattino di lenticchie che Tajani ha rimandato al mittente con una motivazione solida: «Il terzo mandato dei presidenti di Regione e dei sindaci nel nostro comune programma elettorale non c’era. Allora, se Lega e Fd’I vorranno uscire dal programma, lo facciano anche sullo jus scholae cui Forza Italia tiene da sempre».
Una provocazione? Solo un modo per cercare di entrare da protagonisti nello scacchiere delle ripartizioni amministrative che andranno al voto il prossimo anno? Questo è quanto pensano i leghisti, e non ne ha fatto mistero il segretario “nazionale” della Lega, il sen. Massimiliano Romeo, incontrando sabato scorso la sua militanza a Cerese. Il quale, per converso, ha dato per cosa fatta l’accordo Lega-Fd’I, con buona probabilità di coinvolgimento anche di Forza Italia.
Dunque, avremo un centrodestra compatto sullo jus scholae per assicurare ai proprî governatori uscenti la possibilità del terzo mandato – che peraltro consentirebbe anche al dem Vincenzo De Luca di riproporsi in Campania, nel dispetto della segretaria Pd Elly Schlein –?
A Mantova il principale interessato a questa altalena fra sì e no è ovviamente il sindaco Mattia Palazzi, in scadenza nella primavera 2026, e che in cuor suo conterebbe sulla possibilità di poter tagliare di persona alcune importanti opere nate sotto la costellazione dei suoi due mandati, partendo da Mantova Hub e culminando nei sottopassi di piazza Don Leoni, Porta Cerese e Gambara. Ma – sia realismo o scaramanzia – proprio Palazzi sta molto abbottonato e sulle sue seguendo l’evolversi della situazione: «Se la settimana scorsa vi ho detto che non ci scommetterei, oggi dico che se dovessi scommettere, cosa che non faccio, scommetterei che non ci sarà».
Così facendo lascia pertanto spazio agli interrogativi sul “dopo-Mattia”, cui pure da tempo stanno pensando le forze della attuale maggioranza, nessuna esclusa. Chi potrebbe essere il candidato sindaco del 2026? Come noto, da tempo viene accreditato l’attuale super-assessore Andrea Murari, l’urbanista con delega all’ambiente. In parallelo, il vicesindaco Giovanni Buvoli, cui si accredita il risarcimento per la corsa persa alle ultime regionali non vinte. E poi corre il nome del presidente uscente della Tea Massimiliano Ghizzi, che nondimeno parrebbe intenzionato a non trascurare i proprî impegni professionali accavallandoli con quelli di un sindaco a tempo pieno.
Lo stesso Palazzi pare abbia detto di non sottovalutare il nome di Chiara Sortino, suo assessore alla famiglia e alle pari opportunità.
E la “lista gialla”? Anch’essa non ha mai finito di credere di potere riscuotere il credito elettorale del 2020, quando sfiorò di un solo punto percentuale la quota Pd. E di lei sappiamo per certo solo una cosa: il prossimo anno sarà presente sulle schede elettorali col centrosinistra.