Mantova Porto di armi per cui non è ammessa la licenza. Con questa, ulteriore contestazione è per la terza volta a processo Elena Scaini, la 57enne di Curtatone già condannata in via definitiva a 18 anni di reclusione per l’omicidio del marito Stefano Giaron, nonché attualmente sotto accusa altresì per abbandono di persona incapace. Tutti addebiti, sia quest’ultimo che il nuovo a lei ora ascritto, afferenti il contesto delittuoso del 6 ottobre 2020, in cui la donna aveva ammazzato a colpi di lama il coniuge nell’appartamento di via Mozart a Mantova che la coppia condivideva con l’anziana madre della vittima, Lina Graziati. Elena Scaini infatti (difesa sempre dagli avvocati Silvia Salvato e Andrea Pongiluppi), dopo aver ucciso il compagno all’esito dell’ennesima violenta lite scoppiata tra i due in ambito domestico, era quindi fuggita a bordo del furgone a lei intestato abbandonando in casa la suocera, affetta da morbo di Alzheimer e pertanto non in grado di badare a se stessa, ignara che il figlio fosse nel frattempo morto ammazzato. La pensionata, deceduta poi lo scorso novembre all’età di 82 anni nella casa di riposo Villa Carpaneda di Rodigo, era invece stata ritrovata a sua volta dai soccorritori tre giorni dopo il fatto di sangue all’interno di quella stessa abitazione, con numerose lesioni da taglio nonché ancora in stato confusionale. Quando infatti le era stato chiesto dov’erano il figlio e la nuora aveva risposto dicendo che stava attendendo che tornassero dal lavoro. Due giorni dopo il fatto di sangue in una struttura ricettiva a Zocca di Modena, sull’Appennino, la Scaini aveva tentato il suicidio. Una volta soccorsa aveva raccontato quanto in precedenza successo, confessando di aver colpito a morte il compagno per difendersi dall’ennesima aggressione da lui perpetrata nei suoi confronti. E proprio circa la presunta arma utilizzata per freddare il convivente ed oggetto del terzo filone processuale, questa era stata rinvenuta e sequestrata, un anno dopo esatto dai carabinieri, sullo stesso Mercedes Vito con cui la donna si era allontanata. Si tratta di un coltello da cucina con manico in legno della lunghezza di 35 centimetri, di cui 21 di lama, ritrovato nello specifico occultato all’interno di un trolley rosso ed avvolto in uno strofinaccio e una bandana, su cui erano state isolate tracce ematiche riconducibili sia ai profili genetici dei due coniugi che a quello dell’anziana. Ieri dunque, innanzi al giudice Giacomo Forte, la prima udienza di questo ultimo procedimento che potrebbe ora anche venire riunito con l’altro ancora pendente.