Via Bonomi, la procura ci ripensa: è omicidio preterintenzionale, e chiede 12 anni e 10 mesi

MANTOVA  Dieci anni di reclusione per omicidio preterintenzionale oltre ad ulteriori due anni e dieci mesi di carcere circa altre, diverse, imputazioni. Questo quanto richiesto ieri, in sede di udienza preliminare, dal pubblico ministero Giulio Tamburini nei confronti del presunto responsabile del delitto di via Bonomi, il 23enne marocchino senza fissa dimora Hiani Othman. Una richiesta, quella del magistrato inquirente, integrativa di quanto già avanzato dalla pubblica accusa nel corso della precedente seduta, innanzi al gup Arianna Busato e prettamente incentrata in tale occasione alla visione dei filmati di videosorveglianza inerente la zona teatro del fatto, quale elemento strumentale all’esame dello stesso imputato, secondo una precisa strategia processuale approntata sin dall’inizio dalla difesa, rappresentata in questo caso di specie dall’avvocato Francesco Ruggenini. Esclusa infatti in primis l’aggravante dei futili motivi, avallata dallo stesso giudice lo scorso 11 luglio, il legale aveva quindi potuto chiedere ed ottenere il giudizio con rito abbreviato garantendosi così, in caso di condanna del proprio assistito, uno sconto di pena pari ad un terzo del totale. Detta linea processuale, perfezionatasi inoltre con la richiesta finale di riconoscimento della scriminante della legittima difesa, o al più dell’eccesso colposo di legittima difesa, si era così completata con la successiva proposta di acquisizione agli atti delle immagini delle telecamere di sicurezza installate non solo in via Bonomi ma anche nelle aree attigue. Il Pm, invece, specificando ulteriormente le conclusioni già formulate da altro togato nella precedente udienza, ha così proposto la nuova riqualificazione del capo d’accusa inizialmente ascritto all’imputato, da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale (e non a morte come conseguenza di altro reato), secondo quanto disciplinato dall’articolo 584 del codice penale, fissando contestualmente altresì le pene accessorie in ulteriori un anno e quattro mesi – oltre a 10mila euro di multa – per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (38,5 grammi di hashish rinvenuti in possesso al 23enne) nonché un anno e sei mesi circa due fattispecie di furto perpetrate dall’imputato in città (uno smartphone rubato al Libenter bar di piazza Concordia e un borsello sottratto ad un operatore ecologico nei pressi di piazzale Don Leoni) nonché per aver fornito sul treno, durante il viaggio da Villafranca di Verona a Mantova, false generalità al controllore. Un fatto di sangue, quello relativo alla morte di Zane Abdul Mobarik, il 21enne ghanese attinto da un fendente all’arma bianca la sera dell’11 ottobre 2021 e poi deceduto la mattina seguente all’ospedale Carlo Poma, che fin da subito aveva posto gli inquirenti davanti a un ampio ventaglio di ipotesi circa il movente; oltre alla pista dell’aggressione a scopo di rapina sfociata poi in tragedia non era stata altresì trascurata nemmeno quella di un regolamento di conti maturato negli ambienti dello spaccio di stupefacenti così come una lite scoppiata per la spartizione di un magro bottino, rappresentata nella fattispecie dal fantomatico telefonino e dal borsello, verosimilmente rubati poco prima in concorso da vittima e carnefice. A stroncare la vita al richiedente asilo alloggiato a Macheno nel Bresciano, secondo quanto riscontrato all’esito dell’esame autoptico effettuato nelle sale mortuarie del nosocomio cittadino, era stato un solo colpo, rivelatosi poi mortale, perpetrato con un punteruolo più che con un coltello inferto dal basso verso l’alto che aveva portato alla lacerazione di un polmone e del cuore. Il presunto assassino invece, dopo una notte di latitanza, era stato invece individuato dai carabinieri del comando di via Chiassi, poco dopo l’alba a bordo di un convoglio in partenza dal capoluogo virgiliano e quindi sottoposto a fermo di indiziato di delitto. Tra due settimane la sentenza.