MANTOVA – Capiamo tutto. La pandemia improvvisa (ma fino a un certo punto), la necessità di correre ai ripari anche adottando scelte impopolari come il lockdown, la richiesta continua di sacrifici imposti agli italiani per cercare di fare scendere l’indice Rt. Misure che almeno in questa seconda ondata di Covid non sono tuttavia servite a bloccare i contagi, ma che hanno invece mandato in crisi il mercato del lavoro. Ecco perché non è più accettabile l’accanimento che da mesi il governo continua a riservare a baristi e ristoratori, lavoratori di un settore ormai allo stremo (ma il discorso andrebbe allargato a tante altre categorie), a cui prima hanno chiesto investimenti di ogni tipo per rendere le attività sicure per i clienti e per chi lavora, e poi li hanno nuovamente costretti a chiusure forzate intervallate da apertura a singhiozzo, quasi fossero i responsabili del dramma che stiamo vivendo. Rabbia ed esasperazione erano state riassunte nella protesta di Fipe-Confcommercio, che qualche giorno fa dalle pagine del nostro giornale aveva definito l’atteggiamento dell’esecutivo giallo-rosso «una presa in giro che dimostra totale mancanza di conoscenza del settore». Protesta che verrà irrobustita il prossimo 15 gennaio dall’iniziativa di “disobbedienza civile e pacifica” a cui hanno aderito oltre 30mila bar e ristoranti, pronti in massa a rialzare le serrande e sfidare le restrizioni. Una sollevazione che non può essere condannata. Ogni volta che si avvicina la scadenza delle misure restrittive, il governo ne annuncia di nuove costringendo bar e ristoranti a ripartire da zero e a rincorrere le sfumature cromatiche giallo-rosse-arancio. Divieti che valgono per pochi giorni, dove è impossibile programmare la spesa, con il rischio che gli alimenti vadano persi e la desolante certezza di buttare più soldi di quelli che si guadagnano. Incertezza che è frutto della confusione regnante a Palazzo Chigi. In questo modo le imprese, impossibilitate a operare a causa della totale assenze di pianificazione anche nel medio periodo, non riescono a sopravvivere. La sensazione, che suona ormai come una conferma, è che non si sia ancora individuata la strategia per mettere ko il virus venuto da Oriente. Con ogni probabilità i mezzi pubblici, per trasportare le persone a scuola sono stati un incubatore enorme, ben più delle classi scolastiche. Ma in 8 mesi chi doveva e poteva fare qualcosa ha preferito concentrarsi su altro. Intanto esercenti, commercianti, artigiani e piccole imprese si trovano in difficoltà economiche al limite dell’irreversibile, ancora in attesa di ricevere i ristori che serviranno sì e no a coprire i costi delle utenze e dei fitti.
Matteo Vincenzi