No a campo libero alla Turchia

MANTOVA Il conflitto con i turchi è storico, una Patria comune non sono ancora riusciti ad averla. I curdi sono una minoranza etnica divisa tra Iraq, Iran, Turchia e Siria, che rivendicano la propria indipendenza e autonomia politica e culturale. Sono in lotta per il pieno riconoscimento di un proprio Stato, il Kurdistan, dalla fine della prima guerra mondiale. Il Trattato di Sevrés, siglato nell’agosto del 1920, prevedeva la creazione di uno Stato curdo, ma il successivo Trattato di Losanna lo cancellò. Da allora i curdi hanno subito violente persecuzioni in Iran, Iraq e Turchia. In Turchia negli anni ottanta del secolo scorso nacque il gruppo di ispirazione marxista PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) guidato da Abdullah “Apo” Ocalan (ora cittadino onorario italiano) che iniziò una lotta armata contro il governo centrale di Ankara. Sopraffatto ha deposto le armi nel 2001. Ora la Turchia sta portando la guerra contro i turchi – siriani, gli stessi che ebbero un ruolo pressoché fondamentale nella battaglia contro l’Isis. Va sottolineato che fino alla decisione di ritirarsi dal Nord della Siria, gli Stati Uniti hanno sostenuto e finanziato le forze democratiche siriane, le Sdf, composte in gran parte dalle Ypg, le milizie curde che hanno combattuto sul territorio lo Stato islamico, liberando tra le altre la rocca forte del Califfato, Raqqa. Ad agosto, in seguito ad un accordo Usa – Turchia il governo americano aveva convinto i curdi a ritirarsi da alcuni avamposti di frontiera con la Turchia, promettendo loro protezione e sicurezza. Trump – che considera l’Isis ormai sconfitta – ha deciso di ritirare i soldati americani presenti nel Nord – Est della Siria in modo da non interferire nelle operazioni militari turche. I curdi hanno considerato questo atto come un loro abbandono e hanno detto trattarsi di “una pugnalata alle spalle”. Come si stanno svolgendo i fatti dà l’idea di un via libera dato alla Turchia da parte degli americani a superare il confine siriano. Il presidente Erdogan sta impiegando in battaglia il meglio dell’esercito turco contro i curdi, che hanno più coraggio che armi, quindi in grande difficoltà a contenerne l’urto. L’impiego massiccio di armi, l’aviazione e il far confluire in battaglia sempre nuovi rinforzi sta a dimostrare che la Turchia sta andando molto più in là di quanto Trump si aspettasse. E non è che l’offensiva turca contro i combattenti curdi nel Nord – Est della Siria si stia esaurendo, anzi, continua sempre più inesorabile, nonostante le pressioni a fermarsi operate da Stati Uniti, i quali devono aver capito che ad un personaggio come Erdogan se gli permetti di impossessarsi di un dito tende a far suo tutto il braccio. Nella stessa direzione si è decisa ad andare anche l’Europa. Preoccupato per la situazione che si va appalesando è anche il presidente russo, Vladimir Putin, ha ribadito con forza che tutte le forze militari straniere presenti in Siria “illegalmente” e quindi senza il consenso del governo di Bashar al – Assad devono lasciare il Paese. Putin sta sostenendo con Iran, Turchia e Stati Uniti che il territorio siriano deve essere liberato dalla presenza militare straniera e l’integrità territoriale siriana deve essere ripristinata. Scarse risposte da parte degli interlocutori del presidente russo, anzi la Turchia nel territorio siriano sta portando la guerra. Attenzione, non abbiamo già sperimentato che lasciar occupare un territorio da parte di una nazione che si considera la prima della classe e constatando che l’appetito alla stessa vien mangiando, il ristabilire l’ordine possa generare un coinvolgimento generale? Per cui l’Europa esca immediatamente dal balbettio ed affronti, unitariamente, l’invasione militare della Siria settentrionale da parte della Turchia. Non abdichi alla possibilità di limitare l’anarchia attraverso il ricorso alle istituzioni internazionali. Alla Germania ed alla Francia che dicono basta al commercio delle armi con Erdogan, agli Stati uniti che pensano a sanzioni dure, all’Italia che dice si debba fare qualcosa, si uniscano tutti gli altri Stati europei per fermare la brutalità degli interessi nazionali, per altro espressi nella loro più cinica, miope ed egoistica declinazione. La Turchia è parte importante della Nato, comunità militare di difesa, ma il suo comportamento è un plateale tradimento dei principi e dei valori al rispetto dei quali, da oltre mezzo secolo, si sta operando per la difesa della pace.
GASTONE SAVIO