Basket serie A2 – Sette Stings raccontano la propria vita tra pallacanestro e Università

I ragazzi della Pompea festeggiano una vittoria

Mantova Da mesi i giocatori biancorossi sono impegnati nel progetto Stings@School. Nel loro caso però non si tratta solo di un progetto imposto, perché più di metà squadra parallelamente alla carriera cestistica segue anche il percorso universitario. Tanti di loro rappresentano quindi un esempio da seguire per i più giovani, che magari davanti al bivio di sport e scuola decidono di effettuare una scelta. Ma perché bisogna scegliere? Entrambe le strade sono possibili, come spiegano i giocatori stessi dimostrando così di essere un ottimo esempio.
Il capofila non può che essere il capitano Mario Ghersetti, che a 38 anni sta svolgendo un corso professionale di management alla Iulm di Firenze: «Sto imparando a gestire una società intera e tutti gli staff che la compongono. Il tempo noi giocatori ce l’abbiamo, è vero che ci alleniamo tutti i giorni, però un’ora al giorno l’abbiamo tutti ed è possibile farla. Non bisogna fermarsi solamente allo sport, perché la vita vera per noi inizierà quando ci ritireremo dal basket. Studiare è importante per aprire la mente». Facoltà di Psicologia per Lorenzo Maspero: «La carriera cestistica dura al massimo vent’anni, quindi anche quando non ho voglia mi sforzo di farlo perché so che alla fine della carriera dovrò iniziare una nuova vita». Riccardo Visconti si sta preparando a ultimare la triennale di Scienze Motorie a Verona: «Ho deciso di continuare gli studi, per quanto sia bello fare dello sport la nostra vita ma è giusto pensare a un piano B: una strada diversa da portare avanti. Mi conosco e so che se avessi interrotto gli studi poi non avrei più ricominciato, quindi ho deciso di proseguire immediatamente nonostante la carriera da giocatore. Sono perfettamente in corso e questo è anche un motivo di orgoglio. Conciliare sport e studio è fattibile, magari anche con l’aiuto di professori e università, come per esempio il programma fatto apposta per gli sportivi che ho nella mia università». Sei esami alla fine di Scienze Motorie, attraverso l’Università telematica, per Giovanni Poggi: «Lo faccio per mia soddisfazione personale, ampliare la cultura arricchisce molto. In futuro potrei diventare preparatore atletico o fisioterapista, anche arrivano in Serie A non si rimane giocatori a vita quindi bisogna guardare avanti. È difficile e impegnativo conciliare i due impegni, quindi è importante scegliere una facoltà che piaccia e quindi sarà più facile farla volentieri. Non è facile, ma non impossibile». Andrea Epifani è impegnato in Scienze della Comunicazione a Padova: «Fino a 16 anni non mi piaceva andare a scuola, poi quando ho cambiato città andando a Treviso ho iniziato ad apprezzarla e a studiare le cose che mi piacciono. Voglio essere una persona acculturata e aggiornata, quindi ho proseguito il percorso scolastico. La comunicazione mi interessa molto, senza contare che tutto quello che ci circonda è fatto di comunicazione. Devo gestire bene i tempi e incastrare lo studio con gli allenamenti e devo farmi un piano di studi se non voglio avere troppo da studiare a ridosso dell’esame». Percorso diverso per il veterano Tommaso Raspino: «Ho ricominciato a trent’anni dopo un essere stato giustamente consigliato, faccio Scienze Motorie alla Statale di Milano ed è il naturale percorso di quella che è la mia carriera da cestista. Richiede impegno rispetto agli studenti che fanno solo quello, a livello mentale lo studio porta via energie ma voglio fare questo percorso nel modo migliore e quindi mi prendo i miei tempi per studiare e capire la materia». Anche Matteo Ferrara ha un percorso singolare: «Ho iniziato la facoltà di Relazioni Internazionale a Padova, dove vivevo, e ammetto che era più scontato facessi lo studente che il cestista. Pensavo che quello fosse il mio futuro, e ancora oggi penso che un giorno mi piacerebbe insegnare. L’università era il naturale proseguimento del percorso, poi nel basket non mi sarei aspettato di arrivare a questi livelli e quindi porto avanti entrambi nel migliore dei modi».
Leonardo Piva