MANTOVA È un percorso musicale di forte impatto emotivo quello che Mikhail Pletnev ha proposto venerdì sera al Teatro Sociale, dedicandosi interamente a opere pianistiche di Johannes Brahms (1833-1897) e Antonín Dvořák (1841-1904). Ospite prestigiosissimo della stagione concertistica Tempo d’Orchestra, Pletnev ha interpretato un interessante intreccio tra i connotati stilistici delle pagine dei due autori riuscendo ad evocarne tracce di connessione oltre, naturalmente, ad evidenziare le nette differenze di carattere. Da un lato la dimensione raccolta di Brahms, fermamente radicata nella grande tradizione classica tedesca, dall’altro lo sviluppo della ricerca sul materiale folkloristico con cui Dvořák riuscì a creare il suo personalissimo stile. L’esito dell’approfondito e colto impegno di Mikhail Pletnev è stato decisamente appassionante grazie ad un recital ricco di dettagli raffinati: autentica manifestazione di talento pianistico abbinato ad una notevole sensibilità interpretativa. Luci soffuse sul palcoscenico per accentuare l’atmosfera intima della performance con cui Pletnev ha messo in mostra una straordinaria capacità di dominare il tocco e di sensibilità nella definizione meticolosa dei preziosi timbri del suo pianoforte Shigeru Kawai. Il programma è stato un avvincente alternarsi tra bellissimi esempi di miniatura pianistica dei due autori, esposti con accentuata libertà d’espressione da Pletnev: atteggiamento che è sicuramente frutto della sua grande esperienza e maturazione artistica. Ne è scaturito un Brahms ricco di risonanze, tendente ai colori del Novecento, in cui prevale il senso di riflessione con la Rapsodia n. 1 op. 79, l’Intermezzo n. 6 op. 118 e i 3 Intermezzi op. 117, fino alla lirica libertà espressiva della Ballata n. 3 op. 118. Apertura a forme di espressione di stati d’animo che si sono ritrovate ampiamente nelle splendide composizioni di Dvořák nettamente influenzate dalle musiche popolari americane, con cui entrò in contatto durante la sua permanenza negli Stati Uniti, e dal folklore slavo. Testimonianze affidate alla selezione di Humoresque op. 101 in programma con il Minuetto n. 1 op. 28, i Sei pezzi per pianoforte op. 52 l’Egloga n. 3 B 103, il Moderato B 116 e l’incisiva descrittività emotiva dei Quadri poetici op. 85. Col suo recital, Mikhail Pletnev ha riaffermato l’insostituibile unicità del rapporto diretto tra esecutore e pubblico e ha offerto un’eccellente espressione dell’essenza musicale tramite un’avvincente sequenza di frammenti poetici. Applausi e ovazioni, al termine del concerto che Pletnev ha arricchito con due brevi, apprezzati fuori programma: la Sonata Kk. 9 di Domenico Scarlatti e lo Studio virtuoso n. 6 op. 72 di Moritz Moszkowski. (gmp)