Abusi sessuali sui nipoti, la difesa dello zio: “Processo lacunoso”

MANTOVA «Un procedimento estremamente lacunoso caratterizzato da gravi carenze in fase di indagini preliminari, come la mancata richiesta della procura di audizione dei denuncianti in sede di incidente probatorio al fine di cristallizzarne le versioni accusatorie». Questo, in sostanza, il fulcro dell’arringa difensiva con cui, ieri, l’avvocato Alessandro Ferrari ha chiesto in via principale l’assoluzione del proprio assistito perché il fatto non sussiste a fronte di una proposta di condanna del pubblico ministero pari a 9 anni di reclusione.
Ultime battute quindi del processo instaurato a carico di un 47enne italiano residente nell’Alto Mantovano finito alla sbarra circa le accuse di violenza sessuale su minori e stalking. Nello specifico i fatti a lui ascritti risalgono al periodo compreso tra il 2006 e il 2015 quando, stando al quadro inquirente, in più occasioni avrebbe abusato sessualmente di alcuni propri nipoti, tre femmine e un maschio, all’epoca ancora tutti minorenni. In sostanza, secondo tale quadro, l’uomo avrebbe agito sempre in occasione di incontri, riunioni e feste di famiglia, tra il Mantovano e la Calabria, con azioni improvvise e repentine constate perlopiù in palpeggiamenti e toccamenti vari. In un caso avrebbe afferrato una delle persone offese da dietro costringendola sulle proprie gambe a strofinargli le parti intime. In altre occasioni, sempre stando al novero delle contestazioni, durante le vacanze estive o anche nella propria abitazione avrebbe costretto altre giovanissime parenti a toccarlo e a masturbarlo, oltre a subire il palpeggiamento del seno. Inoltre, nell’estate del 2012, avrebbe preso a molestare pure un ragazzino, estraneo alla sua cerchia familiare. A fronte di tali molteplici episodi erano così scattate, nell’ottobre del 2015, le diverse denunce.
A far emergere la vicenda era stata infatti la madre di uno dei ragazzini, all’epoca infra 14enne, la quale guardando il telefono del figlio aveva visto quello che si confidavano i diversi cugini in una chat creata da loro ad hoc «per parlare degli abusi dello zio». Allarmata da quanto letto, la donna aveva quindi convocato immediatamente una riunione tra i vari nuclei familiari facendo scattare le indagini. In fase dibattimentale era stato lo stesso imputato a rendere dichiarazioni spontanee innanzi al collegio giudicante, tramite lettura di un testo scritto, con il quale ricusava in toto ogni addebito a lui contestato. Sentenza prevista a fine mese.