Bonnefoy: “Letteratura significa restare”

MANTOVA Esattamente per il fatto che Miguel Bonnefoy raccoglie in sè una miriade di nazionalità, può essere considerato, senza timore di essere smentiti, l’autore apolide per eccellenza. Di padre cileno e madre venezuelana, cresce in Francia dove impara a parlare perfettamente il francese che diventa anche la lingua d’elezione per i suoi romanzi. Ha vissuto a lungo in molti luoghi diversi tra cui il Sud-America e il Portogallo. Dalla compagna a cui è legato – di origine danese- ha avuto una figlia con cui parla esclusivamente in spagnolo, lingua che considera da sempre la sua lingua-madre. “Come riesci a muoverti all’interno di culture così diverse senza entrare in contraddizione?” chiede Gaia Manzini, interpretando il pensiero di molti dei presenti. “Ritengo che sia raro che una persona riesca ad appartenere ad un’unica etnia o luogo; può essere magari che una generazione si fermi ma andando a ritroso nell’albero genealogico il fenomeno dell’ibridazione è comunque presente. D’altro canto anche i nostri progenitori migrarono dall’Eden; è questo in fondo l’unico modo che l’umanità ha di progredire”. “All’interno, dunque, di questo continuo cambiamento cosa rappresentano per te letteratura e lettura? Ancora un altro modo per viaggiare?”. “Ecco, qui devo esprimere un paradosso” – spiega Bonnefoy. “Per me letteratura significa innanzitutto restare. I libri mi sono sempre stati vicini in tutti gli spostamenti della mia vita. ‘Le livre de ma mère’ di Cohen non cambia, Luis Borges non cambia e neppure il Don Chisciotte cambia, se è per questo. La letteratura rappresenta l’albero maestro della mia vita, la colonna portante del mio essere.” Nell’ultimo libro, ‘L’inventore’, il protagonista è uno scienziato dimenticato, anche se realmente esistito nella seconda metà dell’800, che si interessa di energia solare. “Si tratta di una mitologia al contrario; Mouchot è una specie di eroe storto” dice Gaia, quasi attendendo una conferma sul punto, che non tarda ad arrivare appena Miguel prende la parola. “La sua natura è ossimorica, piena di luci ed ombre; il fascino per un personaggio contraddittorio è legato al concetto stesso di conflitto, quello che Augustin deve sanare grazie all’energia solare che sta studiando, e che userà paradossalmente per fare un blocco di ghiaccio, creando un’invenzione che ha la potenza della macchina a vapore e lo splendore radioso del sole”.
Barbara Barison