Broker a processo per falsi finanziamenti: la parte civile chiede di citare in giudizio la banca

Il procedimento è attualmente in corso a Brescia

MANTOVA  Il giudice del processo che vede imputata una broker mantovana per una frode da 6 milioni di euro, ha autorizzato la citazione in qualità di responsabile civile di Intesa San Paolo Private Banking Spa avanzata dall’avvocato Luca Faccin , che assiste alcune delle 39 parti civili costituitesi nel procedimento attualmente in corso davanti al gup di Brescia. Da notare che tra le parti civili figura anche la stessa banca. È quanto emerso dall’ultima udienza preliminare dello scorso 20 ottobre. Il processo, attualmente di competenza della Corte d’Appello di Brescia in quanto contempla reati di competenza distrettuale come la frode informatica, potrebbe essere dirottato su Mantova per competenza territoriale, qualora in caso di rinvio a giudizio gli imputati non facciano richiesta di riti alternativi. La prossima udienza è fissata per il 2 febbraio 2024. a Processo per frode informatica, truffa aggravata e autoriciclaggio è Monica Laudini, consulente finanziaria di Intesa San Paolo Private Banking. Stando a quanto contestatole, tra il 2009 e il 2020 avrebbe fornito a 39 clienti rendiconti notevolmente gonfiati, e quindi falsi, sui loro investimenti, facendo figurare attività inesistenti per un totale di oltre sei milioni di euro. Una montagna di denaro su cui si era messa ad indagare la Guardia di Finanza. Il tutto era partito da un cliente che il 19 novembre del 2019 si era presentato nella filiale di Intesa San Paolo a Mantova per un’operazione. Nell’occasione aveva ricevuto dal direttore la situazione aggiornata delle proprie attività finanziarie, ammontanti a 239mila euro. Quella stessa giornata il cliente aveva ricontattato la filiale per segnalare le discrepanze tra il prospetto fornito al direttore e quello che la consulente gli aveva consegnato due mesi prima, nel quale apparivano attività finanziarie per 717mila euro. Un documento, come molti altri, risultato poi artefatto, in quanto riportante non solo attività non veritiere ma anche inesistenti. In molti, ma soprattutto gli inquirenti, si erano chiesti dove fossero finiti quei soldi e perché la banca non avesse esercitato un’attività di controllo. Il comportamento della donna era quindi finito pure all’organismo di vigilanza dei consulenti finanziari che le aveva contestato d’aver comunicato informazioni e trasmesso documenti non corrispondenti al vero, di aver effettuato operazioni non adeguate, di aver ricevuto modulistica in bianco e di aver ricevuto i codici di accesso telematici ai rapporti di pertinenza della clientela. Per questa era stata sospesa. Secondo quanto sostengono le parti civili nella richiesta accolta venerdì scorso dal gup di Brescia, dagli atti processuali emergerebbe “in modo eclatante il totale omesso controllo da parte della banca” nei confronti della sua consulente finanziaria.