Da maltrattamenti a ritrattamenti, lei nega tutto e difende il marito

MANTOVA Davanti ai militari dell’Arma, in sede di denuncia-querela, aveva raccontato ogni sorta di vessazione e sopruso da lei subita nel corso degli anni da parte del proprio marito. Uno sfogo non avaro di dettagli e particolari significativi il suo, racchiuso alla fine in ben cinque pagine di verbale. Un ennesimo caso di violenza di genere, che aveva quindi fatto scattare immediatamente la procedura legislativa circa il cosiddetto “codice rosso” con relativa indagine lampo dei carabinieri coordinati dalla procura di via Poma e confluite infine nella richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero titolare del fascicolo. Sul banco degli imputati, circa le ipotesi di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, lesioni, percosse e minacce, era così finito alcuni mesi fa un cinquantenne cittadino pakistano residente ad Asola, in Italia assieme alla moglie da 18 anni. Stando al quadro accusatorio l’uomo subito dopo il matrimonio, contratto in Pakistan nel 1998, avrebbe riversato in vari modi sulla coniuge tutta la sua recondita gelosia a fronte di paventate relazioni extraconiugali della persona offesa. Il tutto “condito” da botte, insulti, offese, umiliazioni nonché limitazioni delle sue libertà personali come il non poter uscire da sola di casa. Episodi violenti in fotocopia da lui perpetrati, stando sempre all’ipotesi inquirente, anche davanti alle due figlie della coppia. Uno scenario che si sarebbe quindi verificato anche il 23 gennaio scorso quando la donna, dopo essere stata costretta dal marito a subire un rapporto sessuale, picchiata, sbattuta a terra e minacciata di morte, si era quindi presentata esasperata dai carabinieri per sporgere denuncia. Ieri però, in sede dibattimentale innanzi al collegio dei giudici, il colpo di scena. La donna infatti, anch’essa cittadina pakistana di 46 anni, incalzata dalle domande del pubblico ministero circa la conferma dei fatti oggetto del processo, ha però a sorpresa cambiato diametralmente versione, smentendo punto su punto ogni singolo episodio addebitato al consorte, con cui ancora convive, stando alle sue parole, in maniera del «tutto felice e serena». All’epoca infatti, all’atto della querela, avrebbe volutamente esagerato ingigantendo i fatti in quanto «arrabbiata col marito, reo di sostenere a suo discapito la tesi dell’amante». (loren)