Firenze sposa Mantova per un nuovo “umanesimo del gusto”

MANTOVA Potrebbe essere una pagina di cultura e di storia, più che di cronaca, quella che viene scritta sulle tavole imbandite della “Taverna Bonacolsi”, nel palazzo Castiglioni di piazza Sordello, dove alla ben orgogliosa tradizione culinaria virgiliana è venuta a sposarsi quella altrettanto fiera “dei magnanimi Toschi”, per dirla col Poliziano. Una disciplina enogastronomica che scommette sulla semplicità di piatti storicizzati, ma reinventati e riproposti, e che proprio nella semplicità sente di spendere la propria carta vincente.
Né va insegnato proprio ai fiorentini come certe declinazioni complesse del gusto siano spesso perdenti con la difficile semplicità simbolizzata dalla “O di Giotto”, che basta e avanza a trionfare su qualsiasi ornamento.
Di questo patrimonio si fa forte lo chef Alessandro Sordi, figlio del Mugello mediceo, affiancato all’esperto enologo Giovanni, suo fratello, luogotenente della Lega del Chianti e della confraternita francese della Chanson de Paris (gli antichi coppieri del re di Francia). Dalla cui lezione si ricava una sorta di filosofia della tavola, quale era quella impartita dagli antichi scalchi. «Non siamo venuti certo a Mantova da Firenze per insegnare ai mantovani come far da mangiare – frenano Alessandro e Giovanni –, ma per sposare semmai la nostra tradizione con la vostra. Mantova e Firenze sono un bel binomio dai tempi della signoria di Ludovico Gonzaga in poi, che andò a cementarsi persino col matrimonio del vostro duca Vincenzo con la nostra Eleonora de’ Medici. Prendiamoli come simboli di un umanesimo e di un rinascimento che noi, dopo cinquecent’anni, reinterpretiamo come una sorta di ‘umanesimo del gusto’».
Anche nella sostanza della proposta culinaria questo matrimonio ideale trova compimento, se a fianco del tortello con la zucca, fatto rigorosamente alla mantovana, dai “Bonacolsi” è possibile trovare il tortello con patata alla fiorentina; a fronte dello stracotto d’asino nostrano, ecco il “peposo”, ovvero uno stracotto pepato di manzo al vino – senza nulla togliere alla tipicità di piatti toscani, che spaziano dall’anatra, in varie forme, alla classica fiorentina di chianina, o ai pregiati salumi regionali. Da ultimo, sin che la stagione lo consenta, a corredo di tagliolini e uova all’occhio di bue, anche tartufi scelti da respirarsi a pieni polmoni per fare sventolare idealmente sui deschi della Taverna i gigli d’Arno e le aquile del Mincio. Il tutto accompagnato con una scelta di vini e olii toscani, rigorosamente assenti alle addizioni chimiche, tutti selezionati tra piccole aziende con produzioni limitate, ma proposti al pubblico a prezzi accessibili a tutti.