Il maxi-processo alla gang degli evasori fiscali resta a Reggio Emilia

MANTOVA Il gup di Reggio Emilia ha sciolto la sua riserva sulle eccezioni di competenza territoriale sollevate dalle difese del processo Billions respingendole tutte tranne in un caso riguardo al quale aveva dato il suo assenso la stessa pubblica accusa. Il maxi-processo che vede imputate ben 193 persone accusate a varuio titolo di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, si farà dunque a Reggio Emilia. L’unica posizione stralciata andrà al tribunale di Verona. Per il resto l’udienza preliminare di ieri si è conclusa con un nulla di fatto riguardo alla scelta di essere eventualmente processati con rito alternativo da pare edegli imputati. In via informale ieri una trentina di imputati avrebbe fatto richiesta di patteggiamento e un’altra ventina invece sarebbe orientata ad affrontare il giudizio con rito abbreviato. I restanti 160 e più imputati invece comunicheranno la loro decisione all’udienza preliminare fissata per il prossimo 18 gennaio, quando verranno formalizzate tutte le richieste delle difese. L’inchiesta che aveva portato all’operazione Billions riguarda una vera e propria “fabbrica” delle false fatture. Un fenomeno finanziario illegale milionario riguardo al quale la procura reggiana ha ipotizzato una serie di reati di natura tributaria, oltre all’associazione a delinquere, quali riciclaggio, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta per un imponente impianto accusatorio, costruito su oltre trecento capi d’accusa. Tra gli imputati spicca il nome di Vincenzo Vasapollo, legato ai fatti di sangue in odore di ’ndrangheta di fine anni 90. Raggiunto dai provvedimenti restrittivi il nucleo chiave – dalla forte componente calabrese – che per gli investigatori movimentava fiumi di denaro (stimato in 240 milioni di euro, di cui 50 milioni di euro sarebbero stati prelevati come denaro contante da bancomat e istituti di credito). E viene descritta un’organizzazione vasta, potente, molto ben strutturata: suddivisa in una decina di “cellule” (fra cui una reggiana e una radicata nel Mantovano), con agganci ’ndranghetisti a cui però l’aggravante mafiosa non è stata contestata.