MANTOVA Tra gli eventi in chiusura del Festival, nella Basilica di Santa Barbara l’incontro Dagli occhi dei colonizzati, con lo storico e docente universitario Uoldelul Chelati Dirar, lo scrittore e operatore culturale Carlo Lucarelli e l’esperta di letteratura africana Itala Vivan. Perno dell’evento è la presentazione del romanzo L’ascaro. Una storia anticoloniale (2023), scritto a cavallo degli anni ’30 dal religioso intellettuale eritreo Ghebreyesus Hailu.
Dirar e Lucarelli intervengono a turno sull’attività dell’autore e il contesto sociale e storico in cui operava, sull’importanza della sua ricezione oggi in un’ottica di responsabilizzazione degli italiani rispetto alle vicende coloniali, e ancora, sugli aspetti letterari del testo e la sua forte valenza politica. Il testo è una fonte storica rara, testimonianza inedita del passato coloniale italiano dalla prospettiva dei colonizzati.
Il romanzo racconta di un giovane eritreo che si arruola nell’esercito e intraprende un viaggio attraverso l’Africa; un viaggio non solo geografico ma soprattutto spirituale, durante il quale il protagonista riscopre la sua terra, assume nuove consapevolezze e si scontra con le discriminazioni del colonialismo. Questa fonte storica, sottolinea Lucarelli, è rilevante anche sotto il profilo letterario: è ricchissima di riferimenti popolari, all’interno di una struttura formalmente raffinata, in cui all’ingenuità dello sguardo dell’io narrante si intrecciano molti riferimenti colti. La forte presenza dell’elemento teatrale integra la fonte storica con una funzione tipica della letteratura: la creazione di un immaginario, laddove la visualizzazione dei fatti storici è imprescindibile a una conoscenza critica e non semplificata della nostra storia. Rilevante è anche la figura specifica dell’autore, uno scrittore inserito in una rete di cattolici eritrei i cui testi aspramente polemici sostenevano più contestazioni politiche alla volta, dall’opposizione al regime colonialista a diatribe con il Vaticano.
Cecilia Volpi