Omicidio Mora, minacce a procura e testimone

Due buste minatorie con all’interno un proiettile fatte recapitare in via Poma

MANTOVA La notizia è stata resa pubblica proprio durante l’apertura del processo instaurato a carico dei presunti autori dell’assassinio di Gabriele Mora, il gioielliere di Suzzara, freddato con sei colpi di pistola la sera del 19 dicembre 1996 in seguito ad un tentativo di rapina sfociato tragicamente nel sangue. Qualcuno, infatti, avrebbe fatto recapitare nei giorni scorsi due buste anonime contenenti ciascuna un proiettile, e rivolte all’indirizzo della procura di via Poma e del super testimone che con le sue dichiarazioni aveva in pratica riaperto le indagini dopo 22 anni. Un gesto intimidatorio gravissimo reso noto ieri mattina all’attenzione della Corte d’Assise dallo stesso procuratore capo Manuela Fasolato e dal sostituto procuratore Giulio Tamburini. In un aula presidiata da una decina di carabinieri erano presenti alla prima seduta, in stato di libertà, dopo la decisione della Cassazione che a luglio aveva respinto la richiesta di misura cautelare in carcere avanzata nei loro confronti dalla procura, tre dei 5 imputati: si tratta di Giancarlo, Danilo e Adriano Dori. Assenti invece Stefano Dori e Gionata Floriani, tutti appartenenti alla medesima famiglia di giostrai nomadi senza fissa dimora e con domicilio fissato tra Firenze, Torino, Vicenza, Padova e Gorizia.
A far slittare di fatto l’inizio del dibattimento, una volta ammesse le prove, è stata infatti un’eccezione sollevata dalla difesa di uno degli imputati e riguardante un difetto di notifica dell’atto di citazione a comparire in udienza commesso dalla cancelleria del gip. Rilevata tale nullità il presidente di Corte d’Appello Beatrice Bergamasco ne ha quindi disposto la rinnovazione aggiornando il processo per il prossimo 29 aprile. Un vero e proprio “cold case” quello della sanguinosa rapina alla gioielleria Mora di Suzzara: il colpo di scena, dopo 22 anni da quei tragici fatti, lo scorso gennaio con le dichiarazioni di un pentito, un membro della stessa famiglia Dori, che aveva accusato i suoi stessi parenti durante una serie di colloqui con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Trieste tra la fine del 2014 e il 2015.
Il super testimone lo scorso 10 maggio era comparso per la prima volta davanti al gip, per un’incidente probatorio blindato, durante il quale aveva confermato quanto dichiarato già in precedenza agli inquirenti. Proprio grazie alla solerzia degli inquirenti ed alla determinazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Mantova, si erano potuti acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico di questi soggetti spietati nel loro agire e nell’abbandonare un complice, il vicentino Rudy Casagrande all’epoca 24enne, in fin di vita innanzi al nosocomio di Thiene. All’esito di tale articolata attività il procuratore capo di Mantova Manuela Fasolato aveva deciso di chiudere il cerchio chiedendo l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei cinque soggetti indagati per duplice omicidio volontario. Richieste queste all’epoca respinte dal gip, senza tuttavia intaccare l’impianto accusatorio.