Pd oggi, un vero crepuscolo degli Dei: dalla ricchezza degli anni ’70 al declino contemporaneo

MANTOVA –  Potrà sembrare un aggiornamento più che una notizia, ma il dato è significativo per considerare comunque il peso della politica contemporanea, il cui declino non si misura solo dal tasso di astensionismo alle urne, ma anche dal grado di impoverimento strutturale degli stessi partiti. Dei quali vale la pena prendere a paradigma proprio quello che è sempre stato il più ricco per organizzazione e proprietà nella provincia di Mantova: il Pd, nato dalla fusione fredda col secondo partito più forte, la Dc (poi Ppi ed evoluzioni varie).
Nei quasi settanta Comuni virgiliani (oggi contratti per via degli accorpamenti territoriali), quasi nessuno era sprovvisto di almeno un circolo. Mantova negli anni ’70 ne contava addirittura quattro. Oggi, come documenta il sito del partito (peraltro poco aggiornato da tempo) ne sono rimasti poco più di trenta.
Parlino poi le sedi. Quella della federazione provinciale, partita in quegli anni da un bugigattolo in vicolo Frutta, aveva comperato i muri di un prestigioso stabile in via Conciliazione, con tanto di uffici per ospitare i 28 funzionari, oltre a sale riunioni e persino sala congressi. Nei primi anni 2000 il trasferimento dai muri di proprietà al pur generoso immobile di Borgochiesanuova su un unico piano (al piano inferiore era attrazione un porno shop), prima di sloggiare negli spazi ulteriormente ridotti di via Da Schivenoglia, e da ultima la spending review che ha compresso il tutto nel monolocale di Frassino, senza più dipendenti (l’ultima rimasta parrebbe aspettare ancora parte del Tfr). Un destino che guarda specularmente alle glorie del vecchio Pci di Suzzara, anch’esso liberatosi dell’imponente “cremlino” (tale il nome dato al quartier generale), per non parlare delle aree feste.
È il segno dei tempi, dicono alcuni segretari di circolo dietro la promessa dell’anonimato. «Un tempo avevamo gli iscritti volontari che organizzavano le feste dell’Unità. Quelle poche feste che si fanno oggi devono scontare personale pagato per cucinare e per servire ai tavoli. Avevamo i compagni che nel dopolavoro costruivano o ristrutturavano gratuitamente, per convinzione politica le nostre sedi. Avevamo circoli dappertutto, mentre oggi qualcuno se lo domicilia a casa sua. Avevamo quelli che ci mettevano del loro, e amministratori che versavano regolari quote al partito sacrificando le proprie risibili indennità di carica. Avevamo le cooperative. Soprattutto avevamo tantissimi tesserati, tantissimi giovani. Oggi a tesserarsi sono rimasti solo pochi pensionati. Mi risulta che in tutta la provincia siano rimasti poco più di un migliaio, e i dati veri neanche si sanno».
Il virgolettato riassume più voci direttamente consultate, s’intende, ma il senso generale non distorce quello individuale degli intervistati. Così come, non dimentichiamolo, lo stesso ragionamento, sia pure su scala assai minore, potrebbe aderire nelle linee generali e alle condotte organizzative e territoriali di tutti gli altri partiti, oggi ripuliti di sedi, risorse, tessere, volontari: tutte cose visibili nelle settimane delle campagne elettorali, e svanite subito dopo il voto.