Al Regio le suggestioni gitane di Anna Tifu e Giuseppe Andaloro

PARMA Un gioco di richiami tra Francia e Spagna, tra lirismo, suggestioni gitane, esotismo. Il duo composto da Anna Tifu al violino e da Giuseppe Andaloro al pianoforte, interpreti acclamati in tutto il mondo, è protagonista del concerto di lunedì 21 marzo 2022, ore 20.30, al Teatro Regio di Parma, nell’ambito della Stagione Concertistica 2021-2022 realizzata da Società dei Concerti di Parma in collaborazione con Casa della Musica e con il sostegno di Chiesi. La Sonata in la maggiore di Cèsar Franck, pagina monumentale del repertorio cameristico per violino e pianoforte, introduce un programma che sconfina in composizioni, Tzigane op. 25 di Maurice Ravel, Poème op. 25 di Ernest Chausson, Fantasia da concerto sulla Carmen di Pablo Sarasate, in cui la scrittura violinistica densa di cadenze, passaggi virtuosistici, slanci solistici richiede una destrezza e una padronanza estrema dello strumento. Non a caso, è proprio sui grandi violinisti dell’epoca che le composizioni in programma sono costruite, sebbene con spirito e intenti diversi. Sono dedicati al violinista belga Eugène Ysaÿe (1858-1931) la Sonata in la maggiore di Cèsar Franck, e Poème op. 25 di Ernest Chausson. Composta per l’amico violinista come regalo di nozze, la Sonata è uno degli esempi più limpidi di forma ciclica, in cui i motivi su cui si imperniano i quattro movimenti ricorrono in un’architettura perfetta e rigorosa. “Ysaÿe – scrive Giuseppe Martini – diceva che la prima parte è «una lunga carezza, un benefico risveglio in una mattina d’estate». Una levità atmosferica è in effetti il pregio di questo capolavoro così compatto e antiretorico con due strumenti protagonisti, percorso dal rispuntare della cantilena iniziale – l’unità ciclica cara a Franck – e arioso persino nei momenti d’energia”. Allievo di Franck, Chausson compose invece Poème op. 25 su commissione di Ysaÿe: “come al suo maestro, gli importava poco del virtuosismo e molto della semplicità: Poème (1896, anche in versione per orchestra) è un movimento unico ispirato alla trama di un racconto di Turgenev, Il canto dell’amor trionfante, una musica che sembra uscire da un mondo ignoto, un mondo di brezze di lago, a tratti in rinforzo da sud-sud ovest”.
Un virtuosismo al servizio di ritmi e colori dal sapore gitano, di estrema libertà compositiva, di allusioni popolari contraddistingue gli altri due brani in programma, che appaiono come vere e proprie sfide lanciate all’esecutore: la Tzigane (1924) è una vera e propria “enciclopedia di difficoltà tecniche” che Ravel costruisce su misura sulla violinista Hélène Jourdan-Morhange, trovando il proprio modello nei 24 Capricci di Paganini e nel violinismo di Sarasate, la cui Fantasia sulla Carmen (1881) chiude il programma della serata. “Nel giro di quarant’anni – continua Giuseppe Martini – l’esotismo in Francia è passato dalle spagnolerie di Carmen alle gitanerie di Ravel, che sotto sotto ammiccano alle gitanerie lisztiane di settant’anni prima. Ravel è del resto un Liszt dandy e artificioso, e la Tzigane sa di puntata grossa al tavolo del narcisismo compositivo, ma con la malinconia annoiata di uno per cui vincere o perdere è la stessa cosa (naturalmente, vince). Mentre Sarasate era invece tanto antilisztiano: entr’acte del quarto atto, habanera, seguidilla, danza gitana di Carmen raccontate così come sono, senza un refolo di parafrasi egocentrica di troppo”.
Elide Bergamaschi