Palazzo Ducale, riapre la Wunderkammer

MANTOVA Circa un anno fa Palazzo Ducale presso la Galleria delle Metamorfosi inaugurava una mostra dal titolo “Naturalia e Mirabilia. Scienze alla corte dei Gonzaga”. L’evento espositivo era composto da una parte permanente e da una temporanea. Oggetto dell’operazione era la nota Wunderkammer dei Gonzaga, un’insolita collezione sorta a partire dagli anni di Isabella d’Este e cresciuta fino alla fine degli anni Venti del Seicento, composta da reperti del mondo animale, vegetale e minerale. Si trattava di una sorta di enciclopedia tridimensionale del mondo visibile di allora, in un’epoca in cui scienza, folklore e mito si fondevano in una sintesi che oggi può apparire curiosa e bizzarra. Un coccodrillo, un dente di narvalo (il corno dell’unicorno), un armadillo, un raro bezoar, una mascella di squalo, fossili, pietre, lapislazzuli e altri reperti esposti a rievocare lo stupore di una collezione irripetibile, che affascinò viaggiatori e scienziati da tutta Europa nel corso dei secoli passati.

Dopo la restituzione della tassidermia di ippopotamo al Museo Kosmos di Pavia lo scorso ottobre, la sezione era stata chiusa per un aggiornamento e per una sistemazione dei materiali, che sono andati aumentando, grazie ad acquisizioni e donazioni (tra gli altri, di Marina Baguzzi, Elisa Calamari, Giano Del Bufalo, Giovanni Mori, Pierina Tondelli e Sara Scatragli). Oggi è il giorno della riapertura di questa sezione dell’ampio percorso museale di Palazzo Ducale, visitabile con il biglietto del museo da 9 euro (anche senza Camera degli Sposi), tutte le mattine dal martedì al sabato ore 8.20 fino alle 13. L’allestimento è stato perfezionato e arricchito da alcuni stupefacenti reperti che andranno ad integrare la già nutrita e curiosa esposizione e che ancora una volta evocano i fasti dell’età dei Gonzaga. È ampliata e riccamente integrata la sezione dedicata alle conchiglie, a ricordarci la ricchezza di «Conchyliorum, Concharum, et Turbinatorum, quae a longinquis maribus allata, colorum varietate contendere inter se videntur» (conchiglie provenienti dai più remoti mari che gareggiano tra loro per forme e colori) descritte nel 1622. Sono presenti ancora i «Pessi marini et altri animali monstruosi» che già “ornavano” nel primo Cinquecento lo studiolo di Federico II; è presente una zampa d’elefante, simile a quella già ricordata in Palazzo Ducale nel 1601 da un francese, Pierre Bergeron («un pied tout entier de la grand beste»); le punte di freccia di selce, note allora come ceraunia, che si ritenevano i “fulmini pietrificati”. Al mondo dei simboli rimanda il camaleonte – ricordato già nella trattatistica medievale e rinascimentale come simbolo di versatilità (in termini positivi) – e la galleria accoglie oggi anche un pavone bianco. Nel 1593 se ne attendeva una coppia in dono da Firenze, dalla corte dei Medici, con i quali i Gonzaga erano imparentati. All’epoca questi uccelli giravano liberi per i giardini, così come nelle sale del Palazzo si potevano veder volare uccelli del paradiso e pappagalli tropicali.