Pierrot Redux al Teatro Ariosto di Reggio Emilia

REGGIO EMILIA Il Festival Aperto di Reggio Emilia presenta in prima assoluta Pierrot Reduxopera cabaret in 7×3 scene, nuova produzione e commissione della Fondazione I Teatri Reggio Emilia / Festival Aperto, al Teatro Ariosto venerdì 7 ottobre, ore 20.30 e domenica 9 ottobre, ore 18.00.

 

Scritta da Massimiliano Viel, per due voci, 7 strumenti e basi elettroniche, l’opera da camera prende come punto di riferimento quelPierrot Lunairedi Arnold Schoenberg che, con la sua rivoluzionarietà musicale, è alla base della modernità prima e poi del contemporaneo, e la raccolta di poesie Pierrot lunaire: Rondels bergamasques del poeta belga Albert Giraud, alla base del lavoro di Schoenberg.

L’opera avrà l’impianto visivo (regia, scene, costumi e luci) di Filippo Andreatta, fondatore dello studio di ricerca OHT Office for a Human Theatre. Nel cast: Felicita Brusoni, soprano, Victor Andrini, baritono e l’ensemble Icarus, diretto da Dario Garegnani.

 

L’ambientazione sonora di Viel, che è compositore, musicista, ricercatore e didatta, parte da due persone, una donna e un uomo, reduci da una notte di bagordi, che si fermano a guardare la luna. Una soprano e un baritono, due volti di un solo personaggio che va sdoppiandosi, dividendosi, frammentandosi. La moltitudine di voci, che chiunque porta con sé, prende il sopravvento sgretolando Pierrot. Frantumi che a loro volta diventano personaggi staccati dall’originale ma fusi ad esso, disgregati ma assieme, isolati ma anche all’unisono. Particelle di una soggettività che si ostinano nella notte, in una festa che in realtà è già finita ma che indugia nell’energia di quell’unico corpo infranto, nel procrastinarsi dell’ebrezza.

Viel crea così a un lavoro interamente nuovo in cui Pierrot viene catapultato nel caotico mondo contemporaneo, simbolo di una soggettività perduta, inevitabilmente distratta dalle lusinghe di una mondanità alienata.

Qui, come in Schoenberg, dominano i numeri 3, come le parti dell’opera ma anche degli strati compositivi che la percorrono. Scrive Massimiliano Viel nelle note di composizione che “Se la prima parte, dedicata al soprano, è dunque quella più “tradizionale” in cui sono ancora riconoscibili le istanze del Pierrot Lunaire, la seconda parte, dedicata al baritono, è l’irruzione del mondo esterno, ormai globale e incontrollato. La terza parte, in cui sono prevalenti i duetti, cerca, pur sempre senza abbandonare totalmente il registro del grottesco, di alludere, per quanto può farlo un brano musicale o una poesia simbolista, ad alcuni nodi importanti nella costruzione della soggettività contemporanea, come l’avidità funzionale al capitalismo, l’abnegazione alle false verità proposte dai media, la costruzione di un mondo come lo specchio del sé individuale e il senso, sempre più opaco, di realtà. Dal punto di vista più specificamente narrativo, ilPierrot Redux, segue le intenzioni di Giraud, corrisposte anche da Schoenberg, nel creare una giustapposizione di quadri fortemente caratterizzati da scene e gesti”Filippo Andreatta, sceglie di tradurre l’ambientazione sonora immaginata da Viel svuotando il palco, che diventa un paesaggio spoglio su cui regna solitaria l’immagine di una gigantesca eclissi. “Pierrot Redux  – scvrive nelle sue note di regia – è il residuo di un rave party; una transizione fra il cielo notturno e diurno, un’interposizione stellare. Pierrot Redux è un’eclissi; il sole è occluso dalla luna, oscurato, e solo frange di luce e bagliori attraversano la galassia solare non permettendo all’alba di far scemare la festa, al corpo di riunirsi in uno. In questa lenta transizione la luna si frappone fra i resti di Schoenberg e la riscrittura di Viel creando un cono di penombra, un’ombra celestiale che vaporizza il Pierrot Lunaire nei suoi fantasmi contemporanei”.

 Elide Bergamaschi