Sognante viaggio tra i costumi dell’Accademia Campogalliani

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Mantova Dai capi settecenteschi alla contemporaneità. Da pezzi atemporali, ma con un preciso rimando a un determinato contesto scenico, fino agli originali abiti e accessori dei passati decenni del Novecento: il guardaroba dei costumi dell’Accademia Teatrale Campogalliani è un vero tesoro. Con elementi che potrebbero andare a comporre una mostra di moda e costume.
A occuparsi di questo patrimonio, custodito nello spazio che era il fienile dell’antico palazzo d’Arco – completamente riadattato – sono Francesca Campogalliani e Diego Fusari. Che si impegnano anche nella ricerca di tessuti, dell’ideazione dei modelli, all’occorrenza anche del rinnovo o della realizzazione stessa delle vesti, usualmente affidata a due valide sarte. Perché quando uno dei due artisti della compagnia trova un materiale degno di ispirazione, nella mente già giunge l’epifania del pezzo fatto e finito, perfetto per essere indossato sul palco dal personaggio di una commedia o di un dramma.
La scelta è vastissima: c’è il settore tutto dedicato ai mantelli; quello delle vestaglie e camicie da notte; il tutto e solo nero (da uomo e da donna); il comparto storico, i capi spalla. E poi gli accessori: bauli pieni di cappelli, confezioni di calzature, scatole con guanti, veli. E quanto possa essere utile, o necessario, da portare in scena.
Sì perché poi ci sono armadi carichi di suppellettili. E un magazzino stipato di elementi scenografici, poco fuori dal centro. Che provvederò a visitare appena possibile. D’altra parte la capacità dell’arte e del teatro è anche questa: portare lo spettatore in mondi immaginari. Ricreati per le varie occasioni. Ottimi per tale utilizzo sono i tessuti di arredo, robusti e di lunga durata. Con cui andare, ad esempio, a creare i costumi delle tre figlie di Re Lear: Cordelia, Gonerilla e Regana. Con abiti dalle cuciture a vista e bordi sfilacciati. Ma sfilacciati uno a uno. A mano. Pratica applicata su diversi esemplari. Magari accomodati sfruttando stoffe preziose di affermate case di moda. O vere rarità. Come un tessuto stampato su seta, di matrice veneziana. Dato che, solitamente, si parte da quello che già c’è, per renderlo idoneo a un ruolo. Magari passando un paio di pantaloni in ammoniaca e poi donando sfumature che diano al pezzo un’aria vissuta, con l’aggiunta di apposito spray. Capita pure che si crei qualcosa di completamente nuovo, proprio muovendo da una intuizione che arriva osservando il materiale a disposizione.
In ogni caso si aprono universi di meraviglia: il vestito con lavorazione a petali, ispirato a un modello di Dolce e Gabbana, le vesti settecentesche per le pièce goldoniane, con lacci per conformare il capo a diverse silhouette. Tutto è curato nei minimi dettagli. E la ricerca di Francesca e Diego, per scoprire nuovi spunti non si ferma mai. Mossa da passione costante. E buona volontà. In tale ambito, naturalmente, ogni donazione al reparto costumi diventa preziosa: “Soprattutto cose particolari – specifica Campogalliani – così da abbinare il più possibile il soggetto interpretato all’abbigliamento”.
Perché anche attraverso la moda vive l’universo della fantasia teatrale. Per portare poi in scena il complesso lavoro svolto dietro le quinte. E donare a noi spettatori momenti di memorabile sospensione dalla realtà.