Jihadismo: “Bisogna costruire un dialogo, perchè ora si può” Il politologo Kepel a Festlet

MANTOVA Professore universitario, politologo esperto di Medio Oriente: Gilles Kepel ieri ospite al Festivaletteratura per parlare di Primavera Araba, conflitti, fondamentalismi e rapporti con l’Europa incalzato dalle domande della giornalista Azzurra Meringolo.
Uno studio che si unisce alla passione nata da giovane, quando Kepel studiava arabo, e che lo ha portato negli anni a ricevere anche minacce di morte. Un rapporto, quello tra Europa e Medio Oriente, complesso e sul quale si potrebbero spendere decine e decine di pagine ma che si racchiude nella consapevolezza che oggi in ogni città ci sono diversi mondi che convivono tra diversità e culture che si incontrano. Un pensiero che porta, inevitabilmente, alla recente presenza crescente dei foreign fighters in Europa. Un problema che, in realtà, secondo il politologo Kepel ancora non coinvolge l’Italia, perchè «non è abbastanza matura per questo fenomeno di esportazione degli jihadisti. In Italia non c’è ancora una terza generazione di immigrati che è quella dove si trova una reazione contro la società». Foreign fighters che riportano la mente agli attentati terroristici avvenuti in Europa negli ultimissimi anni dove, secondo Kepel, un punto di svolta si riscontra nell’attacco al Bataclan del 13 novembre 2015: «prima erano organizzati poi non sono stati più capaci di organizzarsi ed ora stanno cercando una strategia dopo la terza fase». Cosa fare, dunque per superare le divisioni ed i conflitti che hanno portato alla realtà che ogni giorno vediamo? «Cercare di costruire un dialogo, perchè ora si può. Nella fase di emergenza si deve pensare solo alla difesa ed alla sicurezza». E proprio in termini di sicurezza, fondamentale diventano anche le carceri dove, dice Kepel è pericoloso far convivere un gruppo jihadista.
Uno scenario generale che guarda a tanti paesi e relazioni tra essi in delicato equilibrio: equilibrio tra le parti dove si nascondono interessi, anche e soprattutto, economici che possono cambiare di continuo. Un scacchiere dove ruolo fondamentale gioca anche la Russia, «l’altra super potenza dopo il 1989 che vedeva nel Medio Oriente il trampolino per ritornare ancora più potente sulla scena. (v.g.)